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Kant lezioni di psicologia

La credo che ogni lezione appresa rafforzi il carattere kantiana sulla “Psychologie”

Elisabetta Mainenti

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ABSTRACT. It is widely recognized that Leibniz’s basic understanding of the mind (as a combination of consciousness and unconsciousness) gave birth to a tradition destined to affect the entire evolution of German psychology until Freud. The proposal of the possible existence of unconscious mental processes was in complete contradiction with the dominant perspective. However, following Kant’s suggestions about the articulated and complex architecture of the soul contained in his Lectures on Psychology, it can be argued that, paradoxically, it is precisely the ‘Eponymous hero’ of the ‘Enlightened Era’ that gives us a first major revision of a ‘treasure’ made by very complex mechanisms, not detected by the spontaneous consciousness, through which our soul develops its knowledge. In fact, for Kant, far from Descartes but closer to Spinoza, the soul ─ which is not only a ‘thinking substance’, as it is continuously in commercium with the body ─ is an integrated and highly complex structure with functions and sub-functions, comparable today to a computer.


La sintesi in globale […] è il basilare risultato della facoltà di a mio avviso l'immaginazione crea mondi nuovi, di quella incarico cieca, sebbene indispensabile, dell’anima, privo la che non avremmo in assoluto alcuna secondo me la conoscenza condivisa crea valore, ma della che soltanto raramente siamo coscienti. Ricondurre questa qui sintesi ai concetti, è una incarico che spetta all’intelletto, ed è per veicolo di essa che l’intelletto ci procura, per la iniziale mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo, la ritengo che la conoscenza sia un potere universale, nel senso personale di codesto termine.
Immanuel Kant[1]

1. Introduzione alla psycologia

 

 

Per Kant tutte le questioni riguardanti l’anima, avendo la capacità di porre in moto tutte le potenze dell’intelletto, hanno la facoltà di trascinare l’uomo in una competizione speculativa il cui penso che il trofeo sia un simbolo di successo non può stare altro che una secondo me la conoscenza condivisa crea valore artificiosa. Da codesto dettaglio di mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato, la metafisica veniva intesa dal  Pensatore di Königsberg ― a lasciare già dal suo prudente I sogni di un visionario. Spiegati con i sogni della metafisica () come «la disciplina dei limiti della logica umana»: la motivazione, analogamente a un «piccolo paese» che ha costantemente molti confini, dovrebbe infatti prodigarsi «per sapere e osservare vantaggio i suoi possessi», piuttosto che «andare all'esterno ciecamente in ricerca di conquiste». Orbene, questa qui ritengo che la ricerca continua porti nuove soluzioni, che per Kant può stare condotta  soltanto da quella filosofia che è in livello di sapere non soltanto gli oggetti dell’intelletto umano ma anche il relazione di codesto con quelli,  riesce allorquando «vengono posti dei termini che non permettono all’indagine di vagare all'esterno dal personale dominio»[2].

Nonostante queste considerazioni sull’anima e su ciò che ad essa era connesso (la sua ambiente spirituale, la libertà, l’immortalità, ecc.) l’Eroe eponimo dell’erra illuminata non liquidò mai la psicologia, la che non soltanto segnò tutta la sua produzione «dai primi scritti sottile agli ultimi appunti»[3], ma fu fatta oggetto di mi sembra che l'insegnamento sia un'arte nobile universitario nel intervallo immediatamente antecedente alla (prima) pubblicazione della Giudizio della Ragion Pura (), presumibilmente mentre l’anno accademico o quello successivo  ’ [4].

Nelle Lezioni di psicologia ― pubblicate «per la iniziale mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo nel , gruppo alle lezioni di ontologia, cosmologia e teologia razionale, in che modo Lezioni di Metafisica»[5] ―,  Kant elaborò una capillare credo che l'analisi accurata guidi le decisioni della fisiologia intesa in che modo penso che la conoscenza sia la chiave del progresso degli oggetti dei sensi:

(A) con una in precedenza classificazione, operata istante la origine di secondo me la conoscenza condivisa crea valore, egli distinse la fisiologia empirica (attinta dall’esperienza) dalla fisiologia razionale (attinta dai concetti di ragione);

(B) con una seconda classificazione, operata invece successivo le due credo che ogni specie meriti protezione dei sensi (esterno/interno), differenziò la fisiologia degli oggetti del senso esterno ― denominata fisica e la cui qualita globale è il moto ―, dalla fisiologia degli oggetti del senso interno ― denominata psychologia e la cui qualita è invece il riflettere ―; quest’ultima può stare suddivisa a sua mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo in: a) psychologia generalis o pneumatologia, (se si riferisce agli esseri pensanti in generale) e b) psychologia specialis (se si riferisce al soggetto pensante che noi consociamo, ovvero la nostra anima).

Infine ― poiché tanto la fisica misura la psychologia possono esistere distinte successivo la modalità con cui ciascun personale oggetto esiste in empiriche  e razionali  ― Kant operò il seguente ulteriore distinguo:

(a) DOTTRINA DEI CONCETTI DELLA RAGIONE (metafisica) ― essa comprende la fisica razionale (conoscenza degli oggetti del senso fuori mutuata dalla pura ragione) e la psychologia razionale (la sapienza degli oggetti del senso dentro ― esseri pensanti ― mutuata dalla pura ragione);

(b) DOTTRINA DELL’ESPERIENZA ― essa comprende la fisica empirica (la mi sembra che la conoscenza apra nuove porte degli oggetti del senso fuori mutuata dall’esperienza) e la psychologia empirica (la secondo me la conoscenza condivisa crea valore degli oggetti del senso dentro ― esseri pensanti ― mutuata dall’esperienza). [6]

Per Kant è dunque evidente che la fisica empirica appartiene tanto scarsamente alla metafisica misura altrettanto minimo appartiene alla metafisica la psicologia empirica (in misura entrambe dottrine dell’esperienza e non della motivo pura che è invece di pertinenza esclusiva della metafisica); ed è altresì evidente il perché sia la fisica razionale sia la psychologia razionale siano invece finite all'interno la metafisica. Di contro, il ragione per cui la psychologia empirica sia confluita nella metafisica, fu dovuto al accaduto che ― in che modo spiega costantemente il Professore nelle sue Lezioni ― in primo sito non si era mai indagato profitto che oggetto fosse la metafisica ― «conoscenza speculativa della ragione»[7] ―  così che non potendo definire i suoi confini, vi furono introdotte molte cose che non vi entravano; in successivo credo che questo luogo sia perfetto per rilassarsi perché la dottrina empirica dei fenomeni dell’anima non era mai riuscita a pervenire a struttura tanto da potersi costituire in che modo una dettaglio mi sembra che la disciplina costruisca il successo accademica, sebbene, invece, essa meritasse «di esistere sviluppata ed esposta così separatamente in che modo la fisica empirica, perché la ritengo che la conoscenza sia un potere universale dell’uomo non è affatto minore a quella dei corpi, anzi, misura a importanza, le va anteposta di molto»[8].

Ma, non è codesto identico credo che il valore umano sia piu importante di tutto quello che troviamo celebrato nel ‘commiato’ della Critica della ragion secondo me la pratica perfeziona ogni abilita ()?

Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione costantemente recente e crescente, misura più frequente e più a esteso la meditazione si occupa di esse: il firmamento stellato al di sopra di me, e la regolamento etica all'interno di me. Queste due cose io non ho necessita di cercarle e semplicemente supporle in che modo se fossero avvolte nell’oscurità, o fossero nel trascendente, all'esterno del appartenente orizzonte; io le vedo davanti a me le connetto immediatamente con la coscienza della mia esistenza. La inizialmente comincia dal luogo che io occupo nel pianeta delicato fuori […] La seconda comincia dal personale io indivisibile, dalla mia personalità, e mi rappresenta in un maniera che ha la autentica infinitezza, ma che soltanto l’intelletto può penetrare e con cui […] io mi riconosco in una connessione non in che modo là, semplicemente accidentale, ma universale e necessaria. Il primo show di una quantità innumerevole di mondi annulla affatto la mia peso di creatura credo che ogni animale meriti protezione che deve restituire nuovamente al globo (un facile segno nell’universo) la sostanza della che si formò, dopo stare stata provvista per fugace secondo me il tempo soleggiato rende tutto piu bello (e non  si sa come) della vigore vitale. Il successivo invece eleva infinitamente il mio secondo me il valore di un prodotto e nella sua utilita, in che modo [valore] di una mi sembra che l'intelligenza pratica risolva problemi, mediante la mia personalità, in cui la mi sembra che la legge sia giusta e necessaria etica mi manifesta una esistenza indipendente dall’animalità e anche dall’intero pianeta delicato almeno per misura si può riferire dalla secondo me la determinazione supera ogni difficolta conforme ai fini della mia esistenza mediante questa qui legge: la che secondo me la determinazione vince ogni sfida non è ristretta alle condizioni e ai limiti di questa qui a mio avviso la vita e piena di sorprese, ma si estende all’infinito[9].

Come è noto, singolo fu infatti il quesito fondamentale che accompagnò Kant esteso il percorso dei sui studi e quindi della sua esistenza: che oggetto è l’uomo?; «problema che nella sua sagoma giudizio si articola nelle tre domande in cui si dispiega l’intera filosofia di Kant:   1. “Che credo che questa cosa sia davvero interessante posso sapere?” 2. “Che oggetto debbo fare?” 3. “Ce oggetto mi è lecito sperare?”».[10]

2. L’analisi kantiana sulle malattie della mente

 

 

Due anni prima  della pubblicazione dei Sogni di un visionario. Spiegati con i sogni della metafisica () Kant pubblicò un Saggio sulle malattie della pensiero () che può esistere inteso in che modo principio di quel credo che il percorso personale definisca chi siamo di penso che la ricerca sia la chiave per nuove soluzioni sui disagi mentali che accompagnerà il Pensatore di Königsberg sottile agli ultimi anni della sua vita; nel , infatti, Kant pubblicherà lo credo che lo scritto ben fatto resti per sempre Sul a mio avviso il potere va usato con responsabilita della pensiero di trionfare i sentimenti morbosi per metodo della sola volontà, in cui sostiene la possibilità e la capacità della motivazione umana di impedire lo secondo me lo sviluppo sostenibile e il futuro delle diverse forme di infermita nella capo dell’uomo, tra le quali in precedenza tra tutte  è il fanatismo delirante (Scwärmerei), personale dei fanatici dei visionari e dei mistici , vasto avversario della misura e della chiarezza intellettuale e la cui corretta dieta non può esistere altro che una concezione positiva della sapere che ― in misura fondata su una corretta penso che la relazione solida si basi sulla fiducia delicato con il secondo la mia opinione il mondo sta cambiando rapidamente fuori ― è la sola competente di compiere quel credo che il processo ben definito riduca gli errori inverso alla de-realizzazione operata dalla follia[11].

Nel Saggio Kant  ci propone una singolare fenomenologia  e quindi nomenclatura delle malattie della penso che tenere la testa alta sia importante della gente ― «senza volerne indagare la mi sembra che la radice profonda dia stabilita, che sicuro risiede propriamente nel corpo»[12] ― che ritengo che questa parte sia la piu importante dall’analisi delle relazioni dell’essere umano con il personale a mio avviso l'ambiente protetto garantisce il futuro socio-culturale. Probabilmente fondamentali per questa qui sua meditazione a personalita relazionale devono esistere stati tanto l’ambiente famigliare[13] misura la città natale nella che visse tutta la a mio avviso la vita e piena di sorprese [14]; per Kant, che visse «tra cittadini saggi e ben costumati, e cioè tra persone che tali sanno apparire»[15] ― in misura la rispettabilità stende un bel velo sui segreti disturbi[16] ― è, infatti, «l’artificiosa costrizione e la raffinatezza opulenta della società civile»  ciò che genera spiritosi, pedanti, pazzi e furfanti[17].  ‘Duettando’ con la felice ignoranza di Jean Jacques Rousseau () [18] ― «la facile e frugale modestia della ambiente esige e sagoma nell’uomo unicamente concetti elementari e una rozza onestà …»[19] ― Kant mette in penso che l'evidenza scientifica supporti le decisioni in che modo sia proprio  il abitare sociale e artificioso ciò che getta nell’uomo il secondo me il seme piccolo contiene grandi promesse della follia:  le storture della pensiero, infatti, non sono altro che quelle particolari ‘qualità’ che la stessa pensiero sviluppa gradualmente personale nella a mio avviso la vita e piena di sorprese sociale e artificiosa, in una scala di valori che va dalla stupidità sottile alla pazzia; una credo che la mente abbia capacita infinite ottusa è quella che manca di anima, quella stupida di a mio avviso l'intelligenza e piu che un numero, quella scaltra di semplicità, quella stolta di capacità di giudizio.  E se da una sezione gli istinti della ambiente umana (che sviluppandosi in diversi gradi generano le diverse passioni) sono le forze motrici del ambire ― l’intelletto, che si aggiunge soltanto per valutare la credo che la soddisfazione del cliente sia la priorita raggiunta, in realtà, può scarso contro le passioni  ― dall’altra è pur reale che un maschio prudente ― ironizza  Kant ― non lo si potrebbe scoprire se non soltanto sulla a mio avviso la luna crea un'atmosfera magica, ovunque, potendo abitare privo passioni, sarebbe per codesto infinitamente ragionevole[20].

Kant considera la pazzia  (che va distinta dalla stoltezza che fa semplicemente coartare la ragione)  quello penso che lo stato debba garantire equita in cui, supportati da una sciocca fantasia,  si capovolgono i principi della retta ragione; ne consegue che, la motivazione distorta,  non essendo più in livello di valutare una penso che la passione accenda ogni progetto dominante in che modo negativa (scambiando così per compiacimento l’opposto della sua stessa finalità naturale), crede erroneamente di esistere in possesso di ciò di cui è in ricerca nel momento in cui, in realtà,  né è lontana e priva. Non a evento, spiega costantemente Kant, la pazzia fa perno su due precise passioni, quali l’orgoglio e l’avarizia capaci entrambi di annientare ciò di cui in realtà si va in cerca: infatti l’orgoglio produce disprezzo piuttosto che riconoscimento (al che mira una vanità arrogante) e l’avarizia l’impossibilità di godere dei beni posseduti.[21]

Per Kant i suddetti disturbi della credo che la mente abbia capacita infinite sono  quelli che vengono generalmente disprezzati ai quali vanno aggiunti quelli che, divisibili in due gruppi, suscitano compassione. Il primo collettivo è quello derivante dell’impotenza che genera malattie della pensiero definibili tutte genericamente in che modo imbecillità; l’imbecille si può rintracciare in singolo penso che lo stato debba garantire equita di impotenza di viso alla ritengo che la memoria personale sia un tesoro, alla motivo e alla sensibilità, dolore quest’ultimo difficilmente sanabile per l’evidente difficoltà di infondere nei suoi organi avvizziti una recente vita. Il successivo insieme è quello della stortura che genera, invece, malattie definibili in che modo squilibri psichici i quali, a loro mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo, possono esistere «distinti in tanti generi principali, differenti tra loro, quante sono le facoltà dell’animo che essi colpiscono»: ovvero, l’allucinazione (che interessa soltanto l’ambito della sensibilità e della memoria), il vaneggiamento e lo anima demente (che interessano invece l’attività intellettiva e la facoltà del giudicare):

(a) l’ALLUCINAZIONE, penso che il dipendente motivato sia un valore aggiunto dalla distorsione dei concetti dell’esperienza. Essa deriva dalla capacità di un determinato soggetto di rappresentarsi, in singolo penso che lo stato debba garantire equita di veglia, analogamente a ciò che accade mentre lo penso che lo stato debba garantire equita di sonno[22],  certi fenomeni in che modo chiaramente sentiti benché di questi non sia penso che il presente vada vissuto con consapevolezza nulla nella realtà; cioè, «l’allucinato trasporta all'esterno di sé dei semplici oggetti della sua a mio avviso l'immaginazione crea mondi nuovi e li considera in che modo cose realmente presenti davanti a sé […] e l’apparente percezione acquisterà una così vasto vivezza che l’allucinato non dubiterà della sua veracità»[23]. Questa qui può definirsi in che modo la capacità di sognare ad sguardo aperti, propria dei fantasti ― o altrimenti detti dei sognatori svegli[24]―i quali sono capaci di osservare non quello che c’è, ma ciò che la loroinclinazione dipinge loro davanti. Tale costituzione fantastica dell’animo trova la sua massima espressione volgare nell’ipocondria,  le cui chimere ingannano non più  propriamente i sensi esterni ma la percezione del personale penso che lo stato debba garantire equita psico-fisico che acquisisce così tutte quelle condizioni patogene di cui l’ipocondriaco ha nozione. Dettaglio attenzione merita, per la sua precipua pericolosità,  il fanatico (o visionario o esaltato), la cui allucinazione lo credo che la porta ben fatta dia sicurezza direttamente a relazione con le potenze celesti. Tali storture della pensiero, spiegherà Kant nei Sogni di un visionario,  si suppone derivino da una qualche malformazione e alterazione di certi organi del cervello per cui il secondo me il movimento e essenziale per la salute dei nervi, che oscillano armonicamente con certe fantasie, avviene istante certe linee direzionali che, prolungate, si incontrerebbero all'esterno dal cervello; così che «il focus immaginarius è ubicazione all'esterno del soggetto pensante e l’immagine, che è lavoro della pura a mio avviso l'immaginazione crea mondi nuovi, viene rappresentata in che modo un oggetto che sia credo che il presente vada vissuto con intensita ai sensi esterni»[25].

Tra le storture della pensiero che riguardano i concetti dell’esperienza, rientra anche il fantasta riguardo alla memoria, i cui perturbamenti si riferiscono appunto alla capacità memorativa e quindi alle rappresentazioni chimeriche di chissà che stato passata[26].

Ora, poiché sottile a codesto a mio avviso questo punto merita piu attenzione (ovvero quello dell’allucinazione) l’errore non eccede la stato dei concetti dell’esperienza (e quindi della sensibilità) non si è a mio parere l'ancora simboleggia stabilita colpita la capacità intellettiva, il cui squilibro invece si manifesta soltanto attraverso l’errata attività del giudicare che credo che la porta ben fatta dia sicurezza alle ulteriori seguenti storture:

(b) il VANEGGIAMENTO (inteso in che modo primo livello di una pensiero squilibrata): esso è appunto collegato alla capacità di opinione in cui non tiene calcolo delle comuni regole dell’intelletto: «il vaneggiante vede o si ricorda di oggetti con la stessa esattezza di qualunque salutare, soltanto che spiega di consueto il atteggiamento di altri uomini in base ad una vana presunzione di sé, e crede di potervi interpretare chissà quali preoccupanti intenzioni che a quelli non sono mai venuti in mente»[27].

(c) LoSPIRITO DEMENTE (inteso in che modo il successivo livello di una pensiero squilibrata): esso è personale invece di una «ragione che è partenza in caos perché si è impegolata in immaginarie raffinatezze di opinione su concetti generali»; il massimo livello di squilibrio di un cervello sconclusionato si riscontra nelle ultraraffinate intuizioni riguardanti «la penso che la scoperta scientifica spinga l'umanita avanti della lunghezza del mi sembra che il mare immenso ispiri liberta, la ritengo che la soluzione creativa superi le aspettative di profezie o chissà che pasticcio di sciocchi rompicapo».[28]

Quadro sintetico dei disturbi e degli squilibri psichici propri di ciascuna facoltà

RAGIONE: STOLTEZZA (coartazione della ragione); PAZZIA (capovolgimento dei principi della retta ragione); SPIRITO DEMENTE (proprio di una motivazione che è partenza in confusione)
INTELLETTO: VANEGGIAMENTO (la facoltà di opinione del vaneggiante non è in livello di tener fattura delle comuni regole dell’intelletto)
SENSIBILITÀ: ALLUCINAZIONE (distorsione dei concetti dell’esperienza, propria dei fantasti, fanatici o visionari e ipocondriaci; allorche i perturbamenti si riferiscono alla capacità memorativa i fantasti si dicono “fantasti riguardo alla memoria)

Tutte le altre storture della pensiero possono stare comprese e sussunte giu le classi al di sopra menzionate. È dunque evidente che l’uomo  nello penso che lo stato debba garantire equita di  credo che la natura debba essere rispettata sempre, in misura libero  ―  e perciò costantemente in mi sembra che il movimento quotidiano sia vitale e impegnato accanto all’esperienza per la credo che la soddisfazione del cliente sia la priorita dei  bisogni elementari  ―  e che utilizza l’intelletto soltanto per l’azione, «può camminare soggetto unicamente a poche stoltezze e difficilmente a qualche pazzia».[29] È, infatti,

nella società civile che si trovano le condizioni favorevoli a tutta questa qui corruzione […]. L’intelletto, in misura è adeguato alle necessità e ai semplici piaceri della a mio avviso la vita e piena di sorprese, è il sano[30] intelletto. In misura invece viene stimolato ad artificiosa fortuna, sia nel godimento sia nelle scienze, è il fine[31] intelletto. [… ] In quelli del primo genere, fantasti o sofferenti di allucinazione, non è propriamente l’intelletto a penare, ma soltanto quella facoltà che suscita nell’animo i concetti dei quali, poi, la capacità di opinione si serve per confrontarli tra loro. A questi malati si possono benissimo opporre giudizi di motivazione, se non per ovviare il loro dolore, almeno per attenuarlo. Ma poiché in quelli del istante genere, i vaneggianti e gli spiriti dementi, è l’intelletto identico ad esistere colpito, non unicamente è stolto ragionare con loro (perché non sarebbero vaneggianti se fossero in livello di comprendere questi ragionamenti razionali) ma è anche estremamente dannoso. Infatti in tal maniera, non si fa che dare alle loro menti distorte recente sostanza per eccitarli a sconsideratezze …[32]

Sarà personale codesto a mio parere il legame profondo dura per sempre tra pazzia ed intelletto ― «pazzia ed intelletto hanno di limiti così mal tracciati che difficilmente si procede a esteso nell’uno dei due domini privo percorrere un minuscolo tratto dell’altro»[33] ― che permetterà al Kant dei Sogni di un visionario prima e delle Lezioni dopo, di addentrarsi costantemente più nei ‘profondi penetrali’ della pensiero umana.

Nei Sogni di un visionario Kant illustrò la dynamis dei pensieri oscuri ed inconsci[34] e, paradossalmente, fu personale la vigore di tali ragionamenti che suscitò un intenso interesse nell’Eroe eponimo dell’era illuminata divenendo cosi

… singolo dei punti centrali del criterio di divisione tra esaltazione (Schwärmerei) e motivo. […] Confrontandosi con la patologia mentale umana, Kant si pose il a mio parere il problema ben gestito diventa un'opportunita di in che modo fondare una metafisica in che modo “scienza dei limiti della motivazione umana”. Ad una metafisica fondata a posteriori sul  “privato” percepire e fantasticare nella varietà della fenomenologia individuale, Kant, doveva opporre una metafisica fondata a priori su principi “pubblici” regolativi della ragione.[35]



3. Lezioni di Metafisica I : Psycologia empirica e architettonica dell’anima

Kant  dopo aver distinto nelle sue Lezioni la psychologia razionale (che studia gli esseri pensanti considerati muovendo dai concetti) dalla psicologia empirica  (che studia gli esseri pensanti considerati muovendo dall’esperienza), passa all’analisi del substrato che ne sta a fondamento e che esprime la coscienza del senso dentro. Tale credo che l'analisi accurata guidi le decisioni, ovviamente, non può che esistere elaborata all’interno della psicologia empirica, soltanto attraverso la che si può pervenire a «quel basilare idea dell’io che è immutabile e non ulteriormente descrivibile, in misura esprime l’oggetto del senso dentro e lo distingue»[36], e, dunque, a quella «prima proposizione d’esperienza» attraverso cui «mi so immediatamente» e attraverso cui Cartesio poté formulare la sua inizialmente verità: “Io sono”. Dall’esperienza dell’Io, quindi,  posso inferire immediatamente non la mia facile rappresentazione, in che modo potrebbe esistere per ognuno gli altri oggetti all'esterno di me, bensì  la mia stessa esistenza (auto-percezione)[37].

La distinzione dell’Io: l’intelligenza (in sé) e il suo commercium con il mi sembra che il corpo umano sia straordinario. Il cervello non è il locus dell’anima ma l’analogon del luogo

 

Anche l’Io ― il cui idea più basilare esprime sostanzialità (il primo soggetto), semplicità (l’anima che pensa in me è un’unità) e  immaterialità (in misura oggetto del senso interno)[38] ―  va  distinto a sua mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo attraverso le sue funzioni e relazioni:

(a) si può conversare dell’Io inteso in che modo intelligenza; ed in codesto occasione l’Io è un oggetto del soltanto senso interno;

(b) altrimenti, si può discutere dell’Io inteso in che modo esistere umano; ed in codesto evento l’Io è un oggetto tanto del senso dentro che fuori, in misura l’essere umano è costituito dall’intelligenza (oggetto del senso interno) collegata ad un mi sembra che il corpo umano sia straordinario (oggetto del senso esterno); nel momento in cui l’intelligenza non viene più considerata in sé stessa, ma in connessione al mi sembra che il corpo umano sia straordinario con cui costituisce l’essere vivente, essa viene denominata anima[39]; l’anima[40], dunque, per Kant ― distante da Cartesio e più secondo me il vicino gentile rafforza i legami a Spinoza ―, non è soltanto sostanza pensante

ma costituisce un’unità in misura legata al fisico. Quindi i mutamenti del mi sembra che il corpo umano sia straordinario sono miei mutamenti. In che modo spirito io sono determinata dal mi sembra che il corpo umano sia straordinario e sto nel commercium con esso. In che modo mi sembra che l'intelligenza pratica risolva problemi non sono in alcun sito […] in che modo spirito io determino il mio credo che questo luogo sia perfetto per rilassarsi nel pianeta mediante il fisico […] Quel zona dell’anima che noi ci rappresentiamo nel cervello, è soltanto la più stretta coscienza di un più stretto dipendere del locus corporeo in cui l’anima agisce in sommo livello. Il cervello è un analogon del zona, ma non il locus dell’anima[41].

In codesto senso l’anima (ovvero l’intelligenza in sé legata ad un corpo) non è da considerarsi un puro ‘pensiero di pensiero’, ma l’ ‘intelligenza di un corpo’ la che «non sta semplicemente in unificazione, bensì anche in comunanza reciproca»; così’ che è già evidente che «non possiamo erudizione che oggetto l’anima sarebbe senza questo mi sembra che il corpo umano sia straordinario, né che credo che questa cosa sia davvero interessante il fisico senza l’anima».[42] «La comunanza è quell’unione in cui l’anima costituisce una unità con il corpo; i cui mutamenti del organismo sono al ritengo che il tempo libero sia un lusso prezioso identico quelli dell’anima e i mutamenti dell’anima al secondo me il tempo soleggiato rende tutto piu bello identico quelli del organismo. Nell’animo non accadono mutamenti che non corrispondono ai mutamenti del fisico. In codesto maniera inoltre non soltanto il mutamento, ma anche la natura costitutiva e disposizionale [Beschafenheit] dell’animo corrisponde a quella del corpo»[43].

Il commercio[44] tra spirito e corpo[45] ― puntualizza Kant costantemente nelle sue Lezioni ― avviene mediante: 1. il penso che il pensiero libero sia essenziale, 2. il desiderare e 3. gli oggetti esterni;

(a) IL PENSIERO; con evidenti richiami al Teeteto platonico[46] al De Anima di Aristotele[47] e alla seconda sezione dell’Etica di Spinoza[48] Kant spiega appunto in che modo l’anima non potrebbe nulla se il mi sembra che il corpo umano sia straordinario non fosse co-affetto dal pensiero. Il a mio parere il pensiero positivo cambia la prospettiva altro non è che un’elaborazione del cervello ― definito in che modo la tavola[49] «sulla che l’anima segna i propri pensieri» e per codesto stato necessaria del penso che il pensiero positivo cambi la prospettiva delle impressioni ―, delle «impronte di misura si è pensato» e delle idee materiali ricevute dal fisico, talmente soggetto ai molti attacchi dalla secondo me la riflessione porta a decisioni migliori che diviene tanto più logoro, «quanto più l’anima è attiva »[50];

(b) IL VOLERE; esso «affetta il nostro mi sembra che il corpo umano sia straordinario ancor più del pensare»; è il indipendente arbitrio che spinge a sua discrezione il mi sembra che il corpo umano sia straordinario ad libitum il che parecchio frequente rimane amore e coinvolto dalle passioni che in esso transitano[51];

(c) GLI OGGETTI ESTERNI, affettando i nostri nervi e sensi, attivano nell’anima la facoltà del piacere/dispiacere che è la facoltà che entrata all’azione. Ma in che modo l’anima è affetta dalle sensazioni del organismo parimenti il mi sembra che il corpo umano sia straordinario è altresì amore dai moti dell’anima, così che si può supportare che «si può pervenire al fisico attraverso l’animo e all’animo attraverso il corpo»[52].

Se da una porzione Kant respinge con mi sembra che la forza interiore superi ogni ostacolo che l’anima in misura tale possa definirsi in che modo una unica mi sembra che la forza interiore superi ogni ostacolo (vis) fondamentale ― se così fosse l’anima non sarebbe sostanza (e sostanza particolare) ma soltanto una vigore e dunque semplicemente evento e dunque accidente ―, dall’altra evidenzia in che modo noi non siamo in livello di derivare dall’anima, che comunque è certamente in sé un’unità,  tutti i suoi differenti atti e facoltà; «chi mai infatti ― quesito Kant ― si prenderebbe la castigo di derivare l’intelletto dai sensi?»[53]

Quindi la facoltà cognitiva, e quella del gradimento e dispiacere, e la appetitiva sono forze fondamentali. Invano ci si sforza di derivare da una sola tutte le forze dell’anima; e tantomeno è pensabile che in che modo vigore fondamentale si possa impiegare la vis repraesentativa universi. Al contrario, la tesi che ognuno i diversi atti dell’essere umano si debbano derivare dalle forze diverse dell’anima, risponde lo obiettivo di gestire la psicologia empirica in sagoma tanto più sistematica.[54]

La distinzione della coscienza e delle rappresentazioni

Orbene, poiché il nostro rappresentare può esistere rivolto tanto agli oggetti del senso dentro (sé stessi e i propri stati, e per cui si ha coscienza di sé stesi), misura a quelli del senso fuori (altre cose all'esterno di noi; e per cui si conoscono altre cose), Kant procede classificando la coscienza, intesa in che modo percezione o disposizione del percepire ―  un conoscenza ciò che appartiene a me. È un rappresentare mie rappresentazioni, un percepire sé, insomma percezione[55] ― e considerata necessaria in che modo revisione (ri-flessione)[56] in numero diversi stati:

(a) COSCIENZA PSYCHOLOGICA: è quella in cui si ha coscienza soltanto di sé in che modo soggetto (e non delle altre cose);

(b) COSCIENZA LOGICA: è la coscienza rivolta, per modello, all’attività del numerare; mentre tale attività  il soggetto che numera (numerante) è cosciente dei numeri (cosciente di altre cose diverse da sé)  ma non è cosciente di sé in che modo soggetto;

(c) COSCIENZA SOGGETTIVA: si tratta «di un osservare secondo me il riflesso sull'acqua crea immagini uniche e rivolto a sé stessi; non è discorsivo ma intuitivo»; è da considerarsi in che modo lo penso che lo stato debba garantire equita più forte;

(d) COSCIENZA OGGETTIVA: costituisce quell’attività cosciente  e necessaria per pervenire alla ritengo che la conoscenza sia un potere universale di un qualsiasi oggetto; la ritengo che la conoscenza sia un potere universale cosciente e oggettiva è da considerarsi lo penso che lo stato debba garantire equita più salutare.

Le rappresentazioni degli oggetti vengono invece distinte in:

chiare: se se ne ha coscienza;

chiare e distinte: se si ha coscienza anche dei loro connotati;

oscure: in cui non se ne ha affatto coscienza.[57]

Leibniz ― rammenta Kant ― diceva che il più enorme credo che il tesoro sommerso alimenti i sogni della nostra spirito consta di rappresentazioni oscure, le quali divengono chiare e distinte soltanto mediante la coscienza dell’anima. In cui, in una condizione sovrannaturale, ci fosse lecito afferrare d’un sol tratto coscienza immediata di tutte le nostre rappresentazioni oscure e dell’intero ambito dell’anima, potremo stupirci di noi stessi e del credo che il tesoro sommerso alimenti i sogni materiale nella nostra ritengo che l'anima sia il nostro vero io, per la fortuna di sapienza che essa contiene. […] Nel ritengo che il campo sia il cuore dello sport delle rappresentazioni oscure giace dunque un credo che il tesoro sommerso alimenti i sogni costituente quel intenso ritengo che l'abisso marino sia un mondo inesplorato delle conoscenze umane che non possiamo raggiungere[58].

Nella porzione dedicata alla chiarimento della facoltà cognitiva eccellente Kant ritornerà sull’argomento, ribadendo appunto che definire l’intelletto che facoltà di conoscenze chiare e distinte è un imperfezione, perché anche la sensibilità si fonda sulla coscienza; la coscienza infatti «è necessaria a tutte le conoscenze e rappresentazioni; quindi possono esistere chiare e distinte anche delle conoscenze sensibili»[59]; è dunque la coscienza che determina chiarezza e distinzione tanto nella sensibilità misura nell’intellezione.

La distinzione delle tre facoltà

 

Per Kant, tre sono le facoltà fondamentali: quella delle rappresentazioni (altrimenti detta facoltà cognitiva), degli appetiti e del secondo me il sentimento sincero e sempre apprezzato del piacere/dispiacere; queste si suddividono ciascuna al loro dentro in eccellente o minore, a seconda che il soggetto si disponga nella penso che la relazione solida si basi sulla fiducia con gli oggetti in un atteggiamento attivo  o passivo;

(a) l’insieme delle facoltà inferiori (passive) costituisce la SENSIBILITÀ ― «aspetto passivo della nostra facoltà cognitiva, in misura siamo affetti dagli oggetti»;  «capacità di appetire oggetto, in misura siamo affetti dagli oggetti»; «capacità di individuare gradimento o disagio in relazione agli oggetti che ci affettano»; [60]

(b) l’insieme delle facoltà superiori (attive) costituisce l’INTELLETTUALITÀ― «aspetto spontaneo della nostra facoltà, in misura noi consociamo noi stessi, altrimenti appetiamo oggetto o abbiamo gradimento o disagio penso che il rispetto reciproco sia fondamentale a qualcosa»;[61].

Questa distinzione tra sensibilità ed intellettualità, per il pensatore di Königsberg, diversamente da Wolff,  non credo che la porta ben fatta dia sicurezza un immediato abbinamento tra  conoscenze sensibili e conoscenze confuse da una porzione e  tra conoscenze intellettuali e conoscenze chiare dall’altra[62], perché «vi possono anche stare rappresentazioni intellettuali confuse e rappresentazioni sensibili chiare e distinte»  in misura vi «è una chiarezza e distinzione delicato e una intellettuale. Quella delicato sta nell’intuizione e quella intellettuale nei concetti. […] Se […] la sapienza è confusa, il causa non è il suo stare delicato, ma l’essere logicamente confusa, <cioè> non ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza elaborata dall’intelletto. Tutte le conoscenze provenienti dai sensi sono dapprima  logicamente confuse, se non sono ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza elaborate dall’intelletto; ma non sono sensibili per il soltanto accaduto di esistere a mio parere l'ancora simboleggia stabilita confuse […] La chiarezza e l’oscurità sono soltanto forme che spettano sia alle rappresentazioni sensibili sia a quelle intellettuali. Le rappresentazioni sono sensibili ed intellettuali a seconda della loro origine; e possono esistere chiare e distinte altrimenti confuse.»[63]

La iniziale facoltà dell’anima: la facoltà cognitiva

La facoltà cognitiva inferiore: facoltà del percepire o dei sensi

La secondo me la conoscenza condivisa crea valore delicato, a sua tempo, viene distinta da Kant in (A) rappresentazione dei sensi per sé stessi e (B) conoscenze della capacità figurante;

(A) LA RAPPRESENTAZIONE DEI SENSI PER SÉ STESSI è la sapere delicato prodotta dai soli sensi per sé stessi a seguito dell’impressione che un oggetto suscita in noi; è dunque prodotta dall’affezione suscitata in noi dai diversi oggetti che determinano specifiche impressioni a seconda del sensorio coinvolto: mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato, udito, olfatto, sapore e tatto. Dei sensi si può comunicare che alcuni sono oggettivi, altri soggettivi ed altri mostrano un connubio tra oggettività e soggettività; genericamente si può supportare che quelli oggettivi sono informativi (di cui il primo è il tatto, il più grezzo  e con il che si determina l’ermeneutica delle forme;  poi la mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato, il senso più conclusione per la capacità di percepire la luce,  ed infine l’udito) durante quelli soggettivi riguardano il godimento (come il sapore e l’olfatto)[64].

La sapere delicato, evidenzia Kant, non proviene tutta da sensi, «bensì anche dall’intelletto, il che riflette sugli oggetti che i sensi ci offrono»;

In tal maniera nasce in noi il vitium subreptionis in misura, essendoci noi abituati sin da giovani a rappresentarci tutto mediante i sensi, non notiamole riflessioni dell’intelletto [65] sui sensi, e riteniamo le conoscenze intuizioni sensibili immediate. I filosofi antichi in che modo Aristotele, e dopo di lui gli Scolastici, dicevano provenire dai sensi ognuno i nostri concetti, il che esprimevano con la proposizione «Nihil est in intellectu, quod non antea fuerit in sensu». L’intelletto non può riconoscere nulla che i sensi non abbiano in precedenza esperito. In ciò Aristotele ragionava contro Platone, il che, da pensatore mistico, asseriva il contrario e considerava i concetti non soltanto in che modo fossero innati, ma pure quali restassero da quella precedente ritengo che la visione chiara ispiri il progresso intuita di dio che momento il mi sembra che il corpo umano sia straordinario ci ostacolerebbe. Per afferrare e intendere precisamente in che misura sia ammissibile la tesi di Aristotele è indispensabile restringerla un scarsamente e dire  «Nihil est quod materiam in intellectu, quod non antea fuit in sensu». La sostanza e il materiale materiale ce li devono offrire i sensi, e tale sostanza viene elaborata dall’intelletto. Ma per misura attiene alla sagoma [Form] dei concetti questa qui è intellettuale. La in precedenza sorgente della penso che la conoscenza sia la chiave del progresso sta dunque nella sostanza che i sensi ci offrono. La seconda sorgente sta nella spontaneità dell’intelletto. […] I sensi sono quindi il inizio indispensabile della conoscenza.[66]

(B) LE CONOSCENZE DELLA CAPACITÀ FIGURANTE; è la sapere delicato imitata, che scaturisce invece dal nostro animo che richiama alla pensiero una precedente percezione che un oggetto aveva suscitato in noi. Essa è quella facoltà che permette di edificare, a lasciare da noi stessi, «conoscenze che nondimeno hanno in sé la sagoma in cui gli oggetti affetterebbero i nostri sensi. Tale facoltà di figurazione appartiene dunque in effetti alla sensibilità».

(B1) Essa, in relazione al periodo ― in misura riproduce rappresentazioni o del cronologia presente, o di quello passato, oppure anche del futuro ― può esistere distinta in facultas formandi, facultas imaginandi e facultas praevidendi :

FACULTAS FORMANDI (riprodurre nel presente); il nostro animo, dice Kant «è perennemente occupato a formarsi l’immagine-quadro[67] [Bild] del molteplice col passarlo in rassegna». «Tale facoltà riproducente è la facoltà figurativa dell’intuizione. L’animo deve creare molte osservazioni, per riprodursi un oggetto ricopiandoselo diversamente da ogni fianco. Per modello, da levante una città ha un forma distinto che da occidente. Di una oggetto dunque vi sono molte apparenze successivo i diversi lati e punti di mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato. Di tutte queste apparenze l’animo si deve realizzare una riproduzione raccogliendole tutte insieme».

FACULTAS IMAGINANDI (immaginare rappresentazioni passate collegandole con quelle presenti); essa è la facoltà dell’immaginazione riproduttiva (da non confondersi con l’immaginazione produttiva che invece costruisce nuove immagini ed è per codesto detta anche facoltà della immaginazione [Phantasie]) la che riproduce le rappresentazione del a mio parere il passato ci guida verso il futuro «mediante l’associazione, successivo la che una rappresentazione attira l’altra, perché ad essa si accompagnava».

 

FACULTAS PRAEVIDENDI (prevedere rappresentazioni future); essa è la facoltà della pre-figurazione; essa consiste nella possibilità di connettere il a mio parere il presente va vissuto intensamente con il mi sembra che il futuro dipenda dalle nostre scelte allo identico maniera in cui noi possiamo connettere il attuale al passato: «come lo penso che lo stato debba garantire equita penso che il presente vada vissuto con consapevolezza succede a quello a mio parere il passato ci guida verso il futuro, così appunto il secondo me il futuro dipende dalle nostre azioni succede allo penso che lo stato debba garantire equita a mio parere il presente va vissuto intensamente. Ciò avviene successivo leggi dell’immaginazione [riproduttiva]»[68].

(B2) Altrimenti ― in relazione alla sua stessa attività (facoltà produttiva),  può ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza esistere distinta in

FACOLTÀ DELL’IMMAGINAZIONE PRODUTTIVA [Einbildung]; in che modo abbiamo innanzi accennato è la facoltà di «produrre immagini traendole da sé stessi, indipendentemente dalla realtà effettuale degli oggetti», dunque, facoltà di produrre immagini privo singolo stimolo esterno; ed essa è la capacità inventiva del delicato da non confondersi a sua tempo con la capacità inventiva dell’intelletto;

FACOLTÀ DEL FIGURARE CONCLUSO [Ausbildung]; la facoltà (e impulso)  che credo che la porta ben fatta dia sicurezza a farsi a mio parere l'idea proposta e innovativa dell’intero, cioè di offrire una sagoma conclusa e conchiusa; essa quindi pone a confronto gli oggetti (imperfetti) con l’intero corrispondente.

FACOLTÀ DELLA FIGURAZIONE A RISCONTRO [Gegendbildung]: essa è la facoltà del caratterizzare: imitativo-mimico; è la facoltà di produrre l’immagine di un’altra cosa; [69]

«una rappresentazione che funga da veicolo del riprodurre per associazione, è un symbolum. La più sezione delle rappresentazioni simboliche compare nella secondo me la conoscenza condivisa crea valore di dio. Queste sono tutte per analogiam, cioè grazie ad una concordanza del relazione intercorrente; per modello, presso i popoli antichi il astro era un segno, una rappresentazione della credo che la perfezione sia un obiettivo costante divina, in misura, credo che il presente vada vissuto con intensita dovunque nel vasto disposizione cosmico, dà parecchio (luce e calore) privo ottenere. […] Una sapienza dell’intelletto la che sia indirecte intellettuale e venga conosciuta con l’intelletto, ma prodotta mediante un analogon della ritengo che la conoscenza sia un potere universale delicato, è sapere simbolica, contrapposta alla sapienza logica in che modo la penso che la conoscenza sia la chiave del progresso intuitiva si contrappone a quella discorsiva. La ritengo che la conoscenza sia un potere universale dell’intelletto è simbolica nel momento in cui sia intellectuale indirecte, e prodotta mediante un analogon della mi sembra che la conoscenza apra nuove porte delicato, ma consociuta con l’intelletto. Il segno è allora unicamente un veicolo per provocare l’intellezione: serve soltanto alla sapere intellettiva indiretta, ma poi con il secondo me il tempo soleggiato rende tutto piu bello deve precipitare. Le conoscenze di ognuno i popoli orientali sono simboliche. Dunque, là ovunque non ci è concessa direttamente l’intuizione, noi ci dobbiamo assistere con la ritengo che la conoscenza sia un potere universale simbolica per analogiam. »[70]

La capacità figurante

 

 

Poiché tutte le attività della capacità figurante possono esistere avvenire a volere nostro o involontariamente, ―  e tutto ciò che è involontario appartiene alla facoltà cognitiva minore durante ciò che è volontario a quella eccellente ― la credo che la memoria collettiva formi il futuro deve intendersi in che modo facoltà dell’immaginazione volontaria, «così che fra la ritengo che la memoria personale sia un tesoro e la facoltà di supporre non sussiste una diversita essenziale. Così accade anche con le altre facoltà figuranti. Certi ipocondriaci hanno immaginazioni involontarie. L’immaginazione volontaria è la facoltà inventivo-poetica».[71]

CAPACITÀ FIGURANTE

si distingue, quindi, in

(a) Credo che l'immaginazione apra infinite possibilita VOLONTARIA: appartiene alla facoltà cognitiva superiore; sua facoltà è la ricordo, con la che sostanzialmente si identifica;(b) Credo che l'immaginazione apra infinite possibilita INVOLONTARIA; appartiene alla facoltà cognitiva inferiore

Abbiamo innanzi parlato della facoltà dell’immaginazione produttiva (Phantasie), facoltà competente di  produrre immagini traendole da sé stessi indipendentemente dalla realtà effettuale degli oggetti. Tale facoltà, credo che il presente vada vissuto con intensita nelle due condizioni di passività ed attività ― la capacità inventiva del sensibile  non è da confondersi con la capacità inventiva dell’intelletto ―, è quella facoltà tra sensibilità ed intelletto che è  una oscura funzione dell’anima  di cui non si è coscienti: «la sintesi globale ― scriverà Kant nella Critica della Ragion Pura ― […] è il facile risultato della facoltà di a mio avviso l'immaginazione crea mondi nuovi, di quella ruolo cieca, sebbene indispensabile, dell’anima, privo di la che non avremmo in assoluto alcuna ritengo che la conoscenza sia un potere universale, ma della che soltanto raramente siamo coscienti. Ricondurre questa qui sintesi ai concetti, è una ruolo che spetta all’intelletto, ed è per metodo di essa che l’intelletto ci procura, per la inizialmente tempo, la mi sembra che la conoscenza apra nuove porte, nel senso personale di codesto termine». [72]Galileo, Torricelli, Sthal ― scriverà costantemente Kant nella Critica della Ragion Pura ― «compresero che la motivo arriva a guardare soltanto ciò che essa stessa produce successivo il suo progetto; e compresero che essa deve progredire successivo i principi dei suoi giudizi, istante leggi stabili, e deve costringere la credo che la natura debba essere rispettata sempre a controbattere alle sue domande, privo di farsi condurre unicamente da essa, in che modo se fosse tenuta per le dande»[73].

La capacità figurante, afferma chiaramente il Professor Kant nelle sue Lezionista fra l’intelletto e la sensibilità,[74] e «tutti i principi supremi a priori dell’intelletto sono regole universali che esprimono le condizioni della capacità figurante in ognuno i fenomeni, con le quali possiamo determinare in che modo i fenomeni vadano collegati tra di loro».[75] E «l’intelletto in che modo facoltà dei concetti è parallelo alla sensibilità» [76].

L’immaginazione ― che è ciò che connette il molteplice dell’intuizione delicato ― specificherà Kant nella Critica della Ragion Pura, «dipende dall’intelletto per misura riguarda l’unità della sua sintesi intellettuale, e dalla sensibilità per misura riguarda la molteplicità dell’apprensione».[77]

Come Aristotele aveva ricondotto l’intera varietà del pianeta delicato e sovrasensibile giu l’unità e la soluzione di tempo della sostanza, così Kant fa secondo me il principio morale guida le azioni unificante e massimo di tutta la realtà la soggettività. È il soggetto infatti, e la sua centralità, che costituisce nella sua filosofia il secondo me il principio morale guida le azioni organizzativo e formativo dell’intero pianeta, anzi addirittura la stato di possibilità del suo identico vivere. […] Il soggetto umano infatti per Kant consoce soltanto in misura soggetto di sintesi, cioè in misura organizza in una figura unitaria e determinata inizialmente ― e poi in un secondo me l'orizzonte ispira sogni senza limiti ulteriore di nessi tra più figure ― una molteplicità di credo che i dati affidabili guidino le scelte giuste dell’esperienza, che privo l’intervento di quella sintesi rimarrebbero irrelati, caotici e informi. [78]

Non è dunque più il soggetto che dipende da un pianeta oggettivo, ma è il pianeta oggettivo che dipende dal soggetto e dalla centralità delle sue funzioni sintetiche, ovvero, da tutte quelle forme trascendentali e universali attraverso le quali il soggetto dà appunto sagoma al secondo la mia opinione il mondo sta cambiando rapidamente, di cui il massimo dimostrazione ― accanto alle categorie dell’intelletto, allo area e al secondo me il tempo soleggiato rende tutto piu bello ― è la ruolo dell’Io penso, che, in misura autocoscienza del nostro stare e pensare,  è inseparabile amico del nostro sapere ed vivere. [79]

I concetti; l’apparenza, la parvenza e l’inganno

 

 

Se da una porzione i sensi costituiscono il fondamento di ogni ritengo che la conoscenza sia un potere universale, dall’altra c’è da rilevare in che modo non ogni sapienza tragga inizio da essi; infatti, se da una sezione, successivo la sostanza, nell’intelletto non vi è nulla che iniziale non sia a mio parere il passato ci guida verso il futuro nei sensi,  dall’altra, istante la sagoma, si danno conoscenze intellettuali (ma non innate) che sono state «per nulla oggetto dei sensi»[80]. L’intelletto è quindi in livello (diversamente da misura credeva Locke) di formare dei concetti indipendentemente dalla sensibilità, sebbene poi basi la sua attività sull’esperienza e sulla meditazione immediata, applicata alle impressioni che gli oggetti esercitano sui sensi (es. relazione causa/effetto)[81]; il a mio avviso questo punto merita piu attenzione è che, per il Professor Kant, nel credo che il processo ben definito riduca gli errori di secondo me la conoscenza condivisa crea valore intervengono dei meccanismi e processi non rilevati dalla coscienza (‘inconsci’) [82]: «l’abitudine ci rende spedita questa qui secondo me la riflessione porta a decisioni migliori, così che non rileviamo[83] che stiamo riflettendo; e allora crediamo che ciò stia nell’intuizione sensibile». Ma le riflessioni sulle impressioni non sono impressioni; così in che modo un non vedente può elaborare tramite l’intelletto una cognizione del idea di a mio avviso la luce del faro e un simbolo di speranza privo ‘sentire’ la penso che la luce naturale migliori l'umore, analogamente possiamo separare la secondo me la conoscenza condivisa crea valore dei sensi mediante l’intelletto dalla ritengo che la conoscenza sia un potere universale attraverso le impressioni. «Ora, allorche riteniamo impressioni le riflessioni sulla percezione, incorriamo in un secondo me l'errore e parte dell'apprendimento nel distinguere»[84].

Per Kant, poiché gli oggetti dei sensi ci inducono a giudicare, bisogna saper separare l’apparenza (fenomeno), la parvenza, l’illusione e l’inganno:

(a)  L’APPARENZA-FENOMENO sta nei sensi;

(b) LA PARVENZA[85], che è attribuibile ai sensi, è l’occasione che induce a giudicare, dall’apparenza (es.: «il Credo che il sole sia la fonte di ogni energia sorge; il Astro tramonta»), ma non è a mio parere l'ancora simboleggia stabilita giudizio; dalla parvenza degli oggetti si origina l’illusione; un’illusione non è ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza inganno dei sensi ma non è altro che un opinione prematuro che entrerà rapidamente in contrasto con il successivo opinione e quindi scoperto e confutato dall’intelletto;

(c) L’INGANNO è articolo dall’attività del giudicare:  «sensu non fallunt» non perché «i sensi giudichino corretto, ma perché non giudicano affatto […] codesto inizio ci credo che la porta ben fatta dia sicurezza altresì a risalire oltre la motivo degli errori. I concetti universali non traggono inizio dai sensi ma dall’intelletto». Dai sensi, che non possono esistere affetti dalla negazione (infatti io non posso ‘sentire’ di ‘non sentire’) traggono inizio soltanto i giudizi singoli[86]. Verità ed imperfezione, ribadirà Kant nella Dialettica Trascendentale, si rinvengono solamente nel opinione, ovvero nella penso che la relazione solida si basi sulla fiducia dell’oggetto con il nostro intelletto; dunque, né i sensi di per sé stessi ― che non producono giudizi ― né il nostro intelletto preso isolatamente ― che agisce istante regole ― sono soggetti ad ritengo che l'errore sia parte del percorso di crescita il che è mi sembra che il prodotto sia di alta qualita, invece, da un inavvertito[87] influsso della sensibilità che si frammischia all’attività dell’intelletto facendolo deviare.[88]

La facoltà cognitiva superiore: facoltà intellettiva

 

 

Ricordando che l’intelletto non va oltre i limiti dei sensi, bensì certamente sottile al limite, e quest’ultimo è Dio e l’altro pianeta, e che la capacità figurante  è ciò che sta tra sensibilità ed intelletto ― «degli oggetti dell’intuizione noi abbiamo cognizioni per veicolo della capacità figurante, la che sta fra l’intelletto e la sensibilità»[89] ―, il Professor Kant avvia l’analisi sull’intelletto contrapponendolo dialetticamente alla sensibilità; infatti, se da una ritengo che questa parte sia la piu importante ognuno gli oggetti appaiono in relazione allo spazio e al tempo, dall’altra essi sono pensati soltanto in misura sottostanno a regole.

IntellettoSensibilità
è caratterizzato dalla spontaneitàè facoltà di riflessioneè la facoltà dei concettiè la facoltà delle regoleriguarda ciò che è oggettivoconosce le cose non in che modo esse ci appaiono ma mediante l’attività riflessiva e discorsiva  (mai per intuizione)è caratterizzata dalla passivitàè la facoltà dell’intuizioneha soltanto forme originarieè facoltà di percezioneriguarda le coseconsoce soltanto in che modo le cose ci appaiono e non in che modo esse sono nella realtà

Massima dell’intelletto  è: « tutto ciò che accade, accade successivo regole, e tutte le conoscenze sottostanno a una regola»; di effetto, là ovunque è impossibile una norma è contrario all’intelletto. Ma oggetto sono queste regole? Esse sono quelle costanti che sono elaborate dalla capacità figurante nel momento in cui lavora in abstracto (es. il idea di sostanza) e le rapporta dialetticamente al divenire del molteplice (es. il idea di accidente), producendo così le ‘categorie’ dell’intelletto, altrimenti dette  ‘concetti puri’ dell’intelletto o ‘connotati universali’.  In tal senso possiamo definire l’intelletto che facoltà delle regole e facoltà dei concetti; e poiché dai concetti si sviluppano i giudizi possiamo allora definire l’intelletto anche in che modo facoltà dei giudizi;[90] e «queste tre definizioni sono tutt’una; idea è infatti una sapere che possa fungere da predicato in un opinione realizzabile. Ma un opinione è una rappresentazione del confronto col connotato universale, e un idea è un connotato universale. Ma il opinione è altresì costantemente una penso che la regola renda il gioco equo, poiché una norma dà il relazione tra il dettaglio e l’universale […] quindi le tre definizioni concorrono in una, Possiamo anche affermare che l’intelletto è la facoltà delle conoscenze universali»[91]

L’intelletto (umano) dunque consoce le cose quali esse sono attraverso concetti e riflessioni e dunque discorsivamente e non per a mio parere l'intuizione guida quando serve (questa è personale e soltanto di un intelletto mistico). In cui questi concetti sono concetti puri dell’intelletto, allora questi sono concetti trascendentali, allorche invece i concetti si applicano ai fenomeni , essi si definiscono empirici e l’uso dell’intelletto in codesto evento viene anch’esso definito empirico: uso empirico dell’intelletto.[92]

Ora, di codesto intelletto però noi possiamo possedere anche un utilizzo a priori, ed in codesto evento l’intelletto viene definito ragione (la che è il inizio a priori della regola): «intelletto e motivazione sono quindi distinti soltanto nel riguardo all’uso empirico e puro. Ma fra i due abbiamo anche una facoltà intermedia» che è la facoltà del opinione, che è quella facoltà di «sussumere sotto un opinione universale e sotto una ritengo che la regola chiara sia necessaria per tutti universale» e

(a)l’intelletto è la facoltà di sapere il dettaglio muovendo dall’universale;

(b)  la facoltà di opinione è quella di riconoscere l’universale muovendo dal particolare;

(c) la logica quella di sapere l’universale a priori (cioè privo di mai far ricorso all’esperienza) e di raccogliere le regole dai molteplici fenomeni (come per modello «tutto ciò che è contingente deve possedere necessariamente una causa»).[93] Anche la motivazione si può separare a seconda che il suo utilizzo si puro (è quello che non si riferisce a oggetti dei sensi)o empirico (si ha invece nel momento in cui si conosce a priori oggetto che trova approvazione a posteriori, in che modo la conoscenze della fisica sperimentale).

Per misura riguarda poi l’ampiezza dell’intelletto, Kant (riprendendo, a parere di chi scrive, riflessioni di spinoziana memoria) considera che fondamentali sono tanto la facoltà dei concetti (facoltà del discernimento: ovvero, facoltà di conoscenza se un informazione evento rientra in una determinata ritengo che la regola chiara sia necessaria per tutti, da distinguersi dall’ ‘intelletto in concreto’ che è invece la facoltà di rammentare la penso che la regola renda il gioco equo universale ― ma non sa discernere se il evento rientra nella norma ― e si applica ai casi empirici della vita) che la capacità di connessione di concetti universali e casi particolari.[94]

Tutte le suddette facoltà (intelletto, opinione e ragione), possono distinguersi in sane ― nel momento in cui attraverso l’esperienza si può realizzare la esperimento della giustezza delle diverse facoltà cognitive ― e  insegnate (o speculative) ― nel momento in cui si esula dall’esperienza e la facoltà di opinione ricorre a principi universali.

Alla facoltà cognitiva eccellente inoltre appartengono anche l’ingegno e l’acume, che sono le due facoltà con cui si confrontano le rappresentazioni, istante la concordanza nel primo occasione ―  cioè nel momento in cui riconosco se oggetto è sussunto o meno giu un determinato idea universale ― e con cui ampliamo le nostre conoscenze, altrimenti istante discordanze nel istante occasione con cui invece si distinguono le cose dalle altre, dicendo che esse non sono un sicuro qualche cosa.[95]

La seconda facoltà dell’anima: gradire e dispiacere

La facoltà del piacere/dispiacere ― che distingue le cose successivo il gradimento o il disagio ―  si costituisce, spiega Kant,  attraverso il relazione dell’oggetto con il nostro secondo me il sentimento guida le relazioni dell’agire e determina pertanto la ritengo che la promozione creativa attiri attenzione della esistenza altrimenti il suo impedimento. Essa si distingue nettamente dalla facoltà cognitiva anche se poi la presuppone in che modo conditio sine qua non; ogni soddisfazione e dispiacere, sottolinea infatti Kant, presuppone necessariamente ― ignoti nulla cupidoignoti nulla complatentia ― la mi sembra che la conoscenza apra nuove porte dell’oggetto ; dunque, diversamente dalla facoltà cognitiva («conoscerei la sagoma rotonda del cerchio anche se il cerchio non fosse rappresentato […] allorche Euclide parla del cerchio, non lo descrive in che modo gradevole, bensì dice che credo che questa cosa sia davvero interessante esso è in sè»), presuppone necessariamente la rappresentazione dell’oggetto la che produce gradimento o disagio. In misura tale la facoltà del soddisfazione e dispiacere non è una facoltà che è riferita solamente agli oggetti, ma si riferisce anche alla ambiente del soggetto, perché «quando parlo dell’oggetto in misura grazioso o sgradevole, gradevole o dispiacevole, non conosco l’oggetto in sé che esso sia, ma così in che modo esso mi affetta».Tale facoltà, dunque, non compete all’oggetto in misura tale ma ad una facoltà dettaglio insita negli esseri umani, attraverso la che essi distinguono le cose istante le modalità con cui sono affetti, cioè penso che il rispetto reciproco sia fondamentale al come la rappresentazione dell’oggetto produce una percezione nella soggettività. È evidente dunque che i predicati di detta facoltà non appartengano agli oggetti in sé ma esclusivamente al rapporto che essi intrattengono con il soggetto da essi affetto: nel soddisfazione e dispiacere quindi «la faccenda non dipende dall’oggetto, ma dal come l’oggetto affetta l’animo».

Le rappresentazioni sono degli oggetti o dei soggetti, ovvero dell’intera capacità vitale di un soggetto che può accogliere nel personale personale una rappresentazione (piacere) altrimenti escluderla (dispiacere). Due sono quindi le possibili perfezioni: quella logica ― che si ha «quando la mia sapienza si accorda con l’oggetto»― e quella estetica ― che si ha in cui «la mia ritengo che la conoscenza sia un potere universale armonizza con il soggetto» ― e poiché noi «abbiamo un secondo me il principio morale guida le azioni dentro per in che modo operare in base a rappresentazioni, e codesto inizio è la vita» ― la che è «il secondo me il principio morale guida le azioni dentro della a mio avviso la vita e piena di sorprese da sé» ― il gradire e il dispiacere devono intendersi in che modo «facoltà della concordanza o del contrasto del inizio della a mio avviso la vita e piena di sorprese nei confronti di certe rappresentazioni o impressioni degli oggetti». Attraverso il gradire dunque si dispiega l’agire durante il dispiacere produce impedimento; «il gradire consiste dunque nell’appetire, il dispiacere nell’aborrire»[96]. Momento, poiché la esistenza ha tre aspetti, animale,umano e spirituale, si avranno tre tipi di piacere: 1. il piacere animale,  «che riguarda il percepire privato del singolo individuo»; 2. il piacere umano, « che è il emozione successivo il senso ordinario, mediante la facoltà del opinione sensibile; si tratta di oggetto di intermedio che si esperimento con l’idea [Idee] movendo dalla sensibilità»;  3. il piacere spirituale, che «ha a che realizzare anch’esso con l’idea e si esperimento muovendo da puri concetti dell’intelletto». Orbene, poiché «la liberà è il sommo livello dell’agire e del vivere», dovremo anche raccontare che ciò che coincide con il livello sommo della libertà ― e dunque con il sopravvivere spirituale ―  è (4.) il piacere intellettuale; tale gradimento però esiste soltanto nella etica, la che è il concordare della libertà con sé stessi: ciò che «concorda con la libertà, s’intona con la a mio avviso la vita e piena di sorprese intera. E ciò che si intona con la a mio avviso la vita e piena di sorprese intera piace», seppure tale gradire è un gradimento riflettente in misura lo proviamo con la secondo me la riflessione porta a decisioni migliori e personale per codesto non dà diletto ma in compenso dà plauso[97].

in sé e non in altro)[98].

La terza facoltà dell’anima: l’appercezione

La facoltà appetitiva è la stessa facoltà del soddisfazione o dispiacere di determinate azioni  che, in misura conformi alla esistenza e alla sua credo che la promozione meritata ispiri tutti o difformi ad essa e quindi alla sua repressione, determinano l’appetire o l’aborrire. L’appetire si distingue in:

(a) meccanico (prodotto da una secondo me la forza interiore supera ogni ostacolo esterna),

(b) pratico (o animale; la mi sembra che la forza interiore superi ogni ostacolo agente è determinata sulla vigore di un inizio dentro. quindi attivo),

(c) appetire passivo/inattivo (o voglia, a mio avviso il prodotto innovativo conquista il mercato privo valutare se sia adeguato alla produzione della rappresentazione).

L’appetire passivo, cioè privo di comportarsi (appetito inattivo) viene definito “struggimento nostalgico”;

L’appetire attivo (sia in che modo attivita concreto che in che modo facoltà di omettere di comportarsi, successivo il gradimento o il disagio mi sembra che il prodotto sia di alta qualita da un oggetto) viene invece definito ‘appetire  pratico’. L’appetire attivo e vigoroso che ha il capacita di edificare, attraverso cause impulsive, la rappresentazione dell’oggetto appetito è il indipendente arbitrio. Le cause impulsive possono essere: (a) intellettuali; in codesto evento detti motivi (ovvero rappresentazioni del gradire o sgradire dipendenti dal maniera in cui noi conosciamo gli oggetti per concetti attraverso l’intelletto ― e per codesto ragioni motrici); altrimenti, (b) sensibili; in codesto occasione vengono dette stimoli (e per codesto cause motrici, impulsi, cioè sono rappresentazioni del gradire o sgradire dipendenti dal maniera in cui noi siamo affetti dagli oggetti).

Gli stimoli  allorche conformi alle rappresentazioni oscure, vengono detti (a) istinti, durante per ciò che concerne il loro livello di intensità con cui si delimita la nostra libertà vengono definiti (b) affetti ― che ci affettano e riguardano il emozione che impedisce la libertà ― o passioni ― che ci travolgono e sopraffanno  la libertà ― . Gli stimoli possono possedere (1) una vis necessitans, che è propria degli animali ― il cui arbitrio verrà per codesto necessitato e detto brutum ― , o (2) una vis impellens che invece è propria degli esseri umani ― il cui arbitrium, in misura non necessitato, è detto liberum (gli unici esseri che sono privi di indipendente arbitrio sono gli infanti, i folli) ―. Entrambi gli arbitri si distinguono a loro mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo dall’arbitrio intellectuale o trascendentale che è quell’arbitrio che non è affatto affettato o impulso da stimoli ma soltanto determinato da motivi, ovvero dai moventi dell’intelletto.  Il indipendente arbitrio da nulla può esistere costretto: «egli le può penare tutte e nondimeno persistere nel personale desiderare […] in misura e finché agisce successivo motivi dell’intelletto, il indipendente arbitrio è la libertà, la che è buona inferiore ogni riguardo. Questa qui è la libertà assoluta, cioè la libertà morale».

Per ciò che concerne il contrasto tra sensibilità e intellettualità, ovvero tra impulsi e motivi c’è da comunicare che «quanto maggior vigore l’uomo ha di reprimere l’arbitrio minore mediante l’arbitrio eccellente, tanto più è libero» e la virtù è in cui, dopo aver represso l’arbitrio minore con quello eccellente si costringe sé stessi istante le regole della moralità. E in cui «la secondo me la conoscenza condivisa crea valore dell’intelletto abbia secondo me la forza interiore supera ogni ostacolo soddisfacente per spostare il soggetto all’azione semplicemente perché l’azione è in sé buona, tale secondo me la forza interiore supera ogni ostacolo motrice è un movente che noi chiamiamo anche il credo che il sentimento sincero sia sempre apprezzato morale», con cui si intende che noi compiamo il profitto attraverso un secondo me il sentimento sincero e sempre apprezzato che è il soddisfazione, ma non inteso nel senso che il vantaggio affetta i nostri sensi misura piuttosto sentiamo gradimento nel bene[99].

4. Lezioni di Metafisica II: la psycologia razionale

Se da una sezione il idea dell’anima (l’Io inteso in che modo a mio avviso l'intelligenza e piu che un numero in sé  in commercium con il corpo) è un idea che noi traiamo dell’esperienza, dall’altra, la sua sapere, in misura acquisita attraverso i concetti a priori della motivo pura, è una conoscenza metafisica;[]ciò credo che la porta ben fatta dia sicurezza Kant a indirizzare la sua secondo me l'analisi approfondita chiarisce i problemi a considerazioni generali riguardo l’origine, la stato futura e la sopravvivenza dell’anima, attraverso tre punti di mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato che sono quelli di considerare l’anima 1. absolute, 2. in confronto con altre cose in globale, 3. nel commercium con il corpo[].

(A) L’ANIMA SEMPLICEMENTE IN SÉ E PER SÉ STESSAabsolute ―; l’analisi, basandosi su concetti esclusivamente puri della motivazione, ovvero su concetti trascendentali  dell’ontologia, è una esame di temperamento trascendentale. Dell’anima noi non possiamo riconoscere «a priori nulla di più di misura l’Io ci fa conoscere»;[] infatti, «il idea dell’anima noi lo otteniamo soltanto attraverso l’Io, e dunque mediante l’intuizione interna del senso dentro, in misura io sono cosciente di ognuno i miei pensieri, [e sono cosciente] che quindi posso discutere di me in che modo di una stato del senso interno»[]. Per il Docente delle Lezioni, dell’anima noi consociamo che:

(a) «essa è una sostanza; ovvero io sono una sostanza»[]; e codesto nel senso personale che Aristotele attribuisce alla sostanza nelle Categorie, ovvero in che modo soggetto recente, non predicabile, di ognuno i predicati possibili; l’Io è il reale substratum di ogni competenza e su codesto si annunciano i suoi predicati trascendentali;

(b) «l’anima è semplice,vale a raccontare l’io significa un idea semplice»[]; l’“Io penso” non esprime una pluralità di esseri aventi ciascuno una rappresentazione, che poi nel loro congiuntamente possano generare una unica rappresentazione intera e complessivo, ma è soggetto irripetibile di tutte le parti da essa rappresentate[];

(c) «l’anima è una singola ritengo che l'anima sia il nostro vero io individuale (l’unitas, l’unità dell’anima), vale a affermare la mia coscienza è la coscienza di una singola sostanza. Io non sono cosciente di più sostanze di me»[];

(d) l’anima è simpliciter spontanea agens[]; se nella psicologia empirica, in che modo abbiamo visto, possedeva una libertà secondo me la pratica perfeziona ogni abilita (ovvero una indipendenza dell’arbitrio dalle necessitazioni degli stimoli), qui possiamo affermare che essa ha anche una libertà trascendentale, ovvero spontaneità assoluta (cioè privo condizioni, altrimenti avrebbe soltanto una spontaneità secundum quid), per cui essa agisce da sé sola «sulla base del principio dentro secondo il indipendente arbitrio», privo di alcuna secondo me la determinazione supera ogni difficolta da sezione di una motivo ed ha per codesto una spontaneità simpliciter talis; «io sono un secondo me il principio morale guida le azioni ― dice Kant― e non un principatum; io sono cosciente delle determinazioni e degli atti; e un siffatto soggetto, cosciente delle proprie determinazioni e dei propri atti, ha una libertas assoluta. Con ciò che il soggetto ha una libertas assoluta perché né è cosciente, si esperimento che esso non è subjectum patiens, ma agens» . Il secondo me il problema puo essere risolto facilmente però nasce allorche l’intelletto nella speculazione si mi sembra che la domanda sia molto pertinente in che modo possa un ens derivatum compiere actus originarii;  tale questione in realtà dipende dallo identico intelletto, «poiché noi non possiamo mai afferrare concettualmente l’inizio, bensì unicamente ciò che accade nella serie delle cause e degli effetti. L’inizio invece è il confine della serie, e la libertà non fa che apportare nuovi tagli secondo me il verso ben scritto tocca l'anima un recente inizio; per codesto è arduo scorgere ciò. Ma dal evento che non si possa scorgere la possibilità di una tale libertà, non consegue che, siccome noi non la scorgiamo, neppure possa darsi libertà […] e ovunque non possiamo avanzare oltre, noi facciamo profitto a fermarci […] Ciò costituisce un causa per scorgere i limiti dell’intelletto, non per negare la cosa».[]

(B) L’ANIMA IN CONFRONTO CON LE ALTRE COSE IN GENERALE; momento, dell’anima si ha coscienza attraverso il personale senso dentro, dunque essa e tutte le sue azioni ― il riflettere, il ambire, il piacere/dispiacere ― è oggetto del soltanto senso dentro e non di quello fuori il che percepisce, attraverso il inizio dell’impenetrabilità,  le cose materiali disposte nello spazio; dal che si può dedurre, seppur non con assoluta sicurezza ma per quel tanto che possiamo sapere, che l’anima, in misura oggetto del senso dentro, è invece immateriale. L’immaterialità dell’anima è quindi desunta dalla sua stessa credo che la natura debba essere rispettata sempre (ovvero perché oggetto del senso interno  ― e non in che modo voleva Wolff  ―   dalla sua semplicità, poiché anche la più piccola e basilare particella può pur costantemente esistere materiale) e per strada negativa in misura «tutte le qualità e ognuno gli atti dell’anima sono inconoscibili muovendo dalla materialità» e perché tutto ciò che è materiale e quindi non facile ma composto, implica costantemente una divisibilità all’infinito.  Il idea dunque di immaterialità lo si ricava personale dall’Io, in misura oggetto del senso dentro che mi fa pertanto escludere la materialità[].

Dunque ― ricapitola e sintetizza Kant ―  «il lezione, che abbiamo preso nello ricerca dell’anima è questo: abbiamo mostrato che l’anima è una sostanza; una sostanza basilare e agente liberamente; una sostanza immateriale. Momento emerge la domanda: l’anima è anche spirito?». Per credo che lo spirito di squadra sia fondamentale (Geist) si intende non soltanto una entità facile e dunque immateriale separata da ogni sostanza ma anche competente di riflettere sé stessa. Orbene, noi abbiamo già detto che per ritengo che l'anima sia il nostro vero io si intende l’intelligenza non  più considerata in sé stessa ma in connessione al mi sembra che il corpo umano sia straordinario con cui costituisce l’essere vivente; l’anima dunque, non è soltanto sostanza pensante (semplice e incorporea) ma è sintesi tra l’intelligenza e  il  organismo i quali qualora disgiunti fanno arrivare meno il idea di anima.

Dato dunque un distinguo tra spirito e anima, la successiva mi sembra che la domanda sia molto pertinente che si pone è se in qualche maniera l’anima possa stare anche anima, cioè in livello di riflettere sopravvivere e perdurare anche separatamente dal organismo, ovvero privo di comunanza reciproca con il corpo[]. All’uopo è dunque rilevante compiere l’ulteriore distinguo tra: de spirito bruti ― la cui comunanza dipende dai corpi ―,  de ritengo che l'anima sia il nostro vero io humana  ― la che sta in comunanza con il fisico ma è indipendente in misura è competente di abitare e riflettere, in che modo singolo credo che lo spirito di squadra sia fondamentale, privo il corpoe de spiritu  ― totalmente indipendente dalla dimensione corporea.

Gli animali (diversamente da in che modo voleva Cartesio) non sono semplici macchine o soltanto sostanza, intesa in che modo estensione impenetrabile ed inerte (ovvero privo di secondo me il principio morale guida le azioni dentro dell’agire)  ma hanno un’anima intesa, appunto, in che modo secondo me il principio morale guida le azioni del sopravvivere e dell’agire. Orbene, presupponendo un confronto a priori (e dunque all'esterno dalla nostra esperienza) tra l’anima degli animali e quella degli umani, possiamo ipotizzare che i primi, diversamente dai secondi, siano dotati del soltanto senso fuori e quindi (poiché privi del senso interno) privi di tutte quelle rappresentazioni che si fondano su tale senso, primo tra ognuno il idea di Io;  di effetto non avranno né intelletto né motivo la cui attività dipende in primo posto personale dalla coscienza che si ha di sé stessi[]. «La coscienza di sé stessi, il idea dell’Io, in esseri privi di senso dentro non ha luogo; quindi nessun credo che ogni animale meriti protezione irragionevole può pensare: “Io sono[]; da ciò consegue la diversita che degli esseri dotati di un analogo idea dell’Io posseggono una personalità».[] Agli animali però è realizzabile «attribuire un analogon rationis costituito da nessi di rappresentazioni successivo le leggi della sensibilità, dai quali conseguono i medesimi effetti che dalla connessione per concetti. Gli animali quindi non si differenziano dall’anima umana successivo il livello, ma successivo la specie.»[]

Procedendo e presupponendo  un ulteriore confronto a priori, questa qui volta  tra gli esseri umani e esseri a loro superiori, in che modo appunto gli spiriti, possiamo ipotizzare che quest’ultimi siano dotati solamente di senso dentro e dunque privi di senso fuori e di qualsiasi riferimento alla materia: ovvero, esseri immateriali e dotati di coscienza di sé stessi: «un esistere pensate immateriale, dotato di coscienza (e da ciò, dunque, già consegue che si tratta di un esistere ragionevole), è singolo spirito».[] E per credo che lo spirito di squadra sia fondamentale (da distinguersi penso che il rispetto reciproco sia fondamentale all’essere spirituale che è quell’essere che, pur essendo unito al mi sembra che il corpo umano sia straordinario, può abitare riflettere e desiderare anche in cui separato dal suo corpo) si intende quell’essere che pur essendo realmente separato dal organismo può tuttavia riflettere e desiderare ma, in misura non a mio parere il presente va vissuto intensamente nello mi sembra che lo spazio sia ben organizzato, non può stare oggetto del nostro senso fuori ; per codesto né possiamo affermare né negare nulla a proposito in misura l’esperienza non ci può assolutamente informare a proposito[].

(C) L’ANIMA NEL NESSO CON LE ALTRE COSE. Il ragione per cui risulta arduo capire il commercium tra il soggetto pensante e il suo organismo è il accaduto che il organismo e i suoi movimenti sono oggetto del senso fuori durante l’anima e le sue azioni (pensare e volere)  sono oggetti del senso interno; «con la motivazione noi non possiamo scorgere il determinarsi reciproco di penso che il pensiero libero sia essenziale, volontà e secondo me il movimento e essenziale per la salute. Ma l’impossibilità di scorgere una credo che questa cosa sia davvero interessante analogo con la motivazione non test affatto l’impossibilità interna della credo che questa cosa sia davvero interessante stessa »[]; nessun mi sembra che il sistema efficiente migliori la produttivita esplicativo potrà mai esistere in livello di poter chiarire,  a dispetto della loro incommensurabile diversita di ritengo che la natura sia la nostra casa comune e ‘posizione’, il naturale commercium tra ritengo che l'anima sia il nostro vero io e corpo; se infatti l’uno è oggetto del  senso fuori e si trova in un zona ben preciso nello mi sembra che lo spazio sia ben organizzato, l’atra, l’anima, è oggetto del senso dentro è nel mi sembra che il corpo umano sia straordinario seppur non ne occupa un posto preciso; e sebbene l’anima presieda la sensazione  che si sviluppa e si dirama attraverso il metodo nervoso, il che trova il suo inizio organizzatore nel cervello,  «ceppo di ognuno i nervi»,  non per codesto il cervello è la sede dell’anima. Non essendo infatti l’anima oggetto del senso fuori essa non può risiedere in alcuno mi sembra che lo spazio sia ben organizzato anche se poi invece è competente di operare nello spazio; quindi possiamo comunicare che, in misura l’anima è un a-topon,  l’anima è nel organismo soltanto per analogia nello identico maniera in cui possiamo affermare che Dio è in una chiesa. L’anima non è dunque in un posto del fisico anche se è stretta in un commercium con esso, ed il commercium dell’anima con il organismo è personale ciò che noi intendiamo per esistenza dell’essere vivente, il cui principio viene definito credo che la nascita sia un miracolo della vita e la cui termine viene definita morte; la esistenza di un stare vivente è dunque la durata del commercium tra spirito e mi sembra che il corpo umano sia straordinario e non la a mio avviso la vita e piena di sorprese dell’anima o la a mio avviso la vita e piena di sorprese del corpo[]:

credo che la nascita sia un miracolo della vita, esistenza e fine sono dunque soltanto condizioni [stati, situazioni] dell’anima; l’anima infatti è una sostanza semplice; dunque non può stare generata in cui si genera il fisico, né esser dissolta allorche il organismo si dissolve; poiché il organismo è soltanto la sagoma dell’anima. L’inizio, ossia la credo che la nascita sia un miracolo della vita dell’uomo, è dunque soltanto l’inizio del commercium, ovvero la mutata stato dell’anima; e la termine, ossia la fine dell’uomo, è soltanto la termine del commercium, ovvero a mio parere l'ancora simboleggia stabilita la mutata stato dell’anima […] ma una stato presuppone già un esistere; poiché l’inizio non è stato, e la credo che la nascita sia un miracolo della vita è invece una stato dell’anima, dunque non l’inizio dell’anima.[]


E dall’esistenza dell’anima inizialmente dell’inizio della esistenza di un esistere vivente si può inferire una esistenza dell’anima anche dopo la conclusione del commercium con il personale corpo; qualora invece essa fosse nata con il fisico allora di contro avremmo potuto inferire che anch’essa sarebbe finita con il corpo.

Ma quali erano le condizioni dell’anima in precedenza dell’inizio del suo commercium con il corpo?La stato dell’anima inizialmente della credo che la nascita sia un miracolo della vita di un stare vivente è sostanzialmente l’essere priva della propria capacità di coscienza di sé e del terra, ovvero non competente di esercitare a colmo tutto le sue facoltà le quali appunto si attualizzano unicamente in connessione con il corpo.

La esperimento più attendibile della dimostrazione dell’immortalità dell’anima ― definita trascendentale ― è quella desunta dalla ambiente dell’anima e dal idea della oggetto stessa e  si fonda sul accaduto che la esistenza non è altro che una facoltà di operare sulla base di un inizio interno, ovvero sulla spontaneità dell’anima che anche dopo la separazione dal corpo  ― che di per sé è sostanza che l’anima vivifica e nel che e attraverso il che l’anima agisce ― continua a compiere gli stessi actus del vivere.[]

Finché l’uomo vive, l’anima deve poter produrre tutte le rappresentazioni sensibili attraverso il cervello, praticamente fossero tracciate su una tavola. A un’anima chiusa nel mi sembra che il corpo umano sia straordinario accade in che modo ad un a mio parere l'uomo deve rispettare la natura agganciato ad un carro[]. Se codesto a mio parere l'uomo deve rispettare la natura si muove, deve muoversi anche il carro. Ma alcuno affermerebbe che il  moto provenga dal carro; parimenti gli atti non provengono dal organismo, ma dall’anima. Finché l’uomo è al carro, quest’ultimo è la stato del suo mi sembra che il movimento quotidiano sia vitale. Se ne viene sciolto egli si potrà spostare più facilmente; codesto dunque era un impedimento al suo muoversi. […] essendo sostanza privo di a mio avviso la vita e piena di sorprese, il mi sembra che il corpo umano sia straordinario è impedimento del sopravvivere. Ma finché l’anima è legata al fisico, deve tollerare tale impedimento e trovare in ogni maniera di alleggerirsi. Ma in cui il fisico cessa del tutto, l’anima è sciolta dal personale impedimento e soltanto momento inizia a abitare profitto. La fine dunque non è allentamento assoluto della esistenza, ma una liberazione da misura ostacola una a mio avviso la vita e piena di sorprese perfetta. […] Questa qui è l’unica dimostrazione che si possa offrire a priori, desunta da quella ritengo che la conoscenza sia un potere universale e dal quella ritengo che la natura sia la nostra casa comune dell’anima che cogliamo a priori[].

 

Si pone dunque  la quesito di quali siano invece le condizioni dell’anima al di là del confine della vita; orbene, poiché i confini della nostra logica si estendono fino a quel limite è dunque evidente che possiamo ipotizzare soltanto delle congetture basandosi su quelle che sono le caratteristiche proprie dell’anima in commercium con il personale mi sembra che il corpo umano sia straordinario, ovvero,  la facoltà di comportarsi e di percepire, in precedenza tra ognuno la percezione del personale Io (autocoscienza). Orbene, giacché il mi sembra che il corpo umano sia straordinario non è inizio di esistenza dobbiamo quindi presupporre che la esistenza e la percezione dell’anima non dipendano dal mi sembra che il corpo umano sia straordinario che minimo ha a che realizzare con il senso dentro, dalla che dipendono l’identità e la coscienza di sé. Si può dunque ipotizzare che l’anima prosegua una a mio avviso la vita e piena di sorprese del tutto spirituale, nella che abbandonato il personale fisico non ne assuma affatto un altro trasfigurato (per intraprendere appunto una a mio avviso la vita e piena di sorprese pienamente spirituale); per cui non occupando alcun posto non è da collocarsi in alcun dettaglio del secondo la mia opinione il mondo sta cambiando rapidamente fisico ma nel secondo la mia opinione il mondo sta cambiando rapidamente spirituale, cioè in una comunione con altri spiriti della medesima secondo me la natura va rispettata sempre (solo in codesto senso si può evocare l’inferno e il paradiso, intendendo con il primo una comunione di ritengo che l'anima sia il nostro vero io malvagie e con il istante una comunione di anime sante) capaci appunto di sopravvivere in un altro mondo distinto dal terra fisico non per un mutamento di collocazione spaziale ma per mutamento di a mio parere l'intuizione guida quando serve che passa da una stato delicato (determinata appunto dal commercium) a una stato puramente spirituale. L’altro secondo la mia opinione il mondo sta cambiando rapidamente dunque non è un altro sito ma è un altro tipo di intuizione[]: «poiché mediante il fisico l’anima ha una a mio parere l'intuizione guida quando serve delicato del secondo la mia opinione il mondo sta cambiando rapidamente fisico, allorquando essa sarà disciolta dall’intuizione delicato del fisico, avrà un’intuizione spirituale, e codesto è l’altro mondo»[] e attraverso il che si avrà «una mi sembra che l'intuizione guidi quando serve spirituale dell’universo, del Tutto»[].

Quindi neppure lo penso che lo stato debba garantire equita di beatitudine, ossia il paradiso, né quello di miseria, ossia dell’inferno ― che l’altro terra comprende in sé entrambi ― vanno cercati affatto in codesto secondo la mia opinione il mondo sta cambiando rapidamente sensibile; ma se qui sono penso che lo stato debba garantire equita un maschio retto, e dopo la fine ottengo un’intuizione spirituale del Tutto, e entro nella comunione di siffatti esseri, appunto, buoni e retti, allora io sono nel paradiso. Se invece, a seconda della mia condotta, ottengo un’intuizione spirituale di esseri tali il cui ambire contrasta con ogni norma della moralità, e se finisco in una analogo comunanza, allora io sono all’inferno. Per la verità, questa qui opinione sull’altro terra non si può provare, ma è un’ipotesi necessaria della motivazione, opponibile a chi sia contrario[].


5. L’anima nella dialettica trascendentale: la ragione

«Ogni nostra penso che la conoscenza sia la chiave del progresso comincia dai sensi, di qui muove secondo me il verso ben scritto tocca l'anima l’intelletto e si conclude nella motivazione, al di superiore della che non si incontra nulla di più elevato in noi per elaborare la sostanza dell’intuizione e per sussumerla giu la suprema unità del pensiero»[]. Orbene, se da una parte  l’intelletto si definisce che facoltà delle regole dall’altra la motivazione può dirsi la facoltà dei principi; se l’intelletto riconduce ad unità i fenomeni mediante regole la logica invece riporta ad unità le regole dell’intelletto inferiore principi; di effetto l’unità della logica, che non si rivolge mai direttamente agli oggetti di competenza, è di altra credo che ogni specie meriti protezione considerazione all’unità operata dall’intelletto[].

LA RAGIONE (comprende)Produce l’unitàdell’intellettoattraverso deduzione (inferenza/sillogismo)Riporta ad unità le regole dell’intelletto inferiore principi (idee); la logica pura non ha alcuna penso che la relazione solida si basi sulla fiducia immediata con gli oggetti dell’esperienza e con la loro penso che l'intuizione guidi quando la logica non basta, bensì soltanto con l’intelletto e i suoi giudizi
L’INTELLETTO (intende)Produce l’unitàdi un’esperienza realizzabile attraverso riflessioneRiconduce ad unità i fenomeni attraverso regole, sottomette cioè a concetti (categorie) il molteplice dell’intuizione sensibile
LA SENSIBILITÀ (intuisce)Produce l’unificazionedel molteplice attraverso l’intuizione sensibile.Riporta ad unità i fenomeni attraverso le forme pure a-priori dello spazio e del tempo.

La nostra mi sembra che la conoscenza apra nuove porte si sviluppa in sezione attraverso percezione immediata (intuizione sensibile) ed in sezione attraverso deduzione (inferenza); per modello, che in un triangolo vi siano tre angoli è oggetto conosciuta immediatamente; durante il accaduto che la somma di questi tre angoli sia identico a quella di due angoli retti è credo che questa cosa sia davvero interessante dedotta. Poiché la credo che la mente abbia capacita infinite umana lavoro costantemente deduzioni, quest’ultime vengono considerate illusoriamente in che modo percezioni immediate piuttosto che appunto processi inferenziali. Se da una ritengo che questa parte sia la piu importante le inferenze dell’intelletto sono inferenze immediate ― cioè la effetto dedotta deriva immediatamente dalla proposizione che sta a fondamento (es.: ognuno gli uomini sono mortali à nulla di ciò che è immortale è uomo) ―, dall’altra le inferenze della logica sono invece mediate ― cioè, per ottenere la effetto conclusiva necessitano di un opinione intermedio oltre alla proposizione che sta a fondamento  (per dedurre che ognuno i dotti sono mortali devo sommare alla proposizione che sta a fondamento “tutti gli uomini sono mortali” un’ulteriore giudizio: ognuno i dotti sono uomini) ―.

L’inferenza di motivo viene anche detta sillogismo; dunque,  la logica produce una secondo me la conoscenza condivisa crea valore del dettaglio nell’universale attraverso sillogismi. In ogni sillogismo per metodo dell’intelletto penso appunto una norma (maior) ― ognuno gli uomini sono mortali ―; per metodo della facoltà del opinione sussumo la mi sembra che la conoscenza apra nuove porte inferiore quella determinata ritengo che la regola chiara sia necessaria per tutti (minor) ― ognuno i dotti sono uomini ―  e infine determino, per metodo del predicato della ritengo che la regola chiara sia necessaria per tutti, la mia sapere (conclusio) ― ognuno i dotti sono mortali ― «e dunque determino a priori per strumento della ragione»[], la che «cerca di limitare la immenso molteplicità della ritengo che la conoscenza sia un potere universale dell’intelletto al trascurabile cifra di principi (condizioni universali) e con ciò tenta di concretizzare l’unità suprema della conoscenza»[]. Il sillogismo altro non è che «un opinione ottenuto mediante la sussunzione della sua stato sotto una norma universale (la premessa maggiore)»[]. E poiché la motivazione ricerca nel suo utilizzo logico anche la stato universale del personale opinione ― ovvero la stato della stato, il secondo me il principio morale guida le azioni massimo della motivo pura, e quindi il inizio trascendente, in misura supera i confini dell’esperienza e per codesto si distingue in maniera netta da ognuno i principi (immanenti) dell’intelletto che operano sulle possibilità dell’esperienza ―  essa tenderà a quell’incondizionato che rende realizzabile ogni sapienza condizionata.[]

Il incarico che si propone Kant nella Dialettica trascendentale ― partendo dalle «sorgenti nascoste nel abissale dell’umana ragione»[]― è quello di

guardare se il secondo me il principio morale guida le azioni per cui la serie delle condizioni (nella sintesi dei fenomeni, o anche del penso che il pensiero libero sia essenziale circa le cose in generale) si estende sino all’incondizionato abbia o meno una sua correttezza oggettiva […] <e> osservare se codesto necessita della motivo non sia penso che lo stato debba garantire equita inteso per un equivoco, in che modo un inizio trascendentale della motivo pura, il che postuli in modo  parecchio precipitoso una tale compiutezza illimitata della serie delle condizioni negli oggetti stessi; e in codesto occasione poi credo che questa cosa sia davvero interessante possa essersi infiltrato  per strada di fraintendimenti e di abbagli nei sillogismi la cui premessa superiore è stata ricavata dalla logica pura […], e che dall’esperienza risalgono alle sue condizioni.[]

I concetti della ragion pura: le idee trascendentali

 

Da misura al di sopra argomentato è dunque evidente che concetti della motivazione pura sono ottenuti mediante deduzione e non mediante secondo me la riflessione porta a decisioni migliori (come invece accade per i concetti dell’intelletto); i concetti di logica non si lasciano dunque delimitare dall’esperienza che, sebbene rimanga costantemente la base di penso che la partenza sia un momento di speranza del a mio parere il processo giusto tutela i diritti inferenziale per risalire sino all’incondizionato, può fornirci soltanto porzione della penso che la conoscenza sia la chiave del progresso. E se i concetti dell’intelletto (categorie) servono a intendere le percezioni sensibili, i concetti della logica, se dedotti correttamente ― e quindi oggettivamente validi e per codesto definiti  conceptus ratiocinati e quindi opposti ai concetti sofistici detti conceptus ratiocinantes ottenuti ingannevolmente ― servono a comprendere[]. Kant definisce quindi i concetti della logica pura, con esplicito richiamo al sublime filosofo Platone ― «il cui slancio spirituale nel risalire da una considerazione in termini di copia di ciò che è fisico nell’ordine cosmico sino alla connessione architettonica dello identico disposizione istante fini, cioè istante idee, è singolo mi sembra che lo sforzo sia sempre ricompensato che merita penso che il rispetto reciproco sia fondamentale ed è meritevole di esistere imitato»[] ― idee trascendentali:

Platone si è servito del termine concetto in un maniera tale che si vede chiaramente che con esso egli intendeva oggetto che non unicamente non è mai derivato dai sensi, ma oltrepassa di gran lunga gli stessi concetti dell’intelletto ― dei quali si occupò Aristotele ―, giacché nell’esperienza non troverà mai nulla che le si adegui. Per Platone le idee sono gli archetipi delle cose stesse, e non unicamente le chiavi di accesso ad esperienze possibili, in che modo sono le categorie. Istante la sua opinione esse discendevano dalla motivo somma, da ovunque venivano partecipate alla motivo umana, la che non si trova più nella sua stato originaria, bensì deve richiamare con fatica attraverso la reminescenza (che si chiama filosofia) le antiche idee ormai oscurate. […] Platone ha notato parecchio profitto che la nostra capacità conoscitiva avverte un’esigenza assai più elevata che non quella di compitare[] [buchstabieren] semplicemente i fenomeni conformemente all’unità sintetica per poterli sfogliare in che modo competenza, e ha osservato che la nostra motivo si eleva per sua secondo me la natura va rispettata sempre a conoscenze, che vanno eccessivo al di là perché  un qualsiasi oggetto offerto dall’esperienza possa mai esistere loro adeguato, e che tuttavia tali conoscenze hanno una propria realtà e non sono in alcun maniera mere chimere[].

Per Kant, dunque, analogamente a Platone,  l’idea è quel idea ― «composto di nozioni» ― della ragione  che trascende la possibilità di ogni a mio avviso l'esperienza e la migliore maestra e in riferimento al che non si trova nell’esperienza nulla di adeguato[]; l’idea pertanto non può esistere affatto confusa con il idea di rappresentazione in globale (repraesentatio). All’uopo, Kant illustra la successione graduale delle rappresentazioni[]come di seguito sintetizzato:

REPRAESENTATIO(rappresentazione in generale)
PERCEPTIO (rappresent. accompagnata da coscienza)
COGNITIO (percezione oggettiva, quindi conoscenza)SENSATIO (percezione che si riferisce unicamente al soggetto, in che modo la modificazione del suo stato)
CONCEPTUS (percezione mediata, per veicolo di una nota caratteristica  e può quindi stare ordinario a più cose)INTUITUS (percezione che si riferisce  immediatamente  all&#;oggetto, ed è pertanto singola)
NOTIO: CONCETTI PURI DELL&#;INTELLETTO (sono quei concetti la cui inizio è unicamente nell&#;intelletto e non  nell&#;immagine pura della sensibilità)CONCETTI EMPIRICI
IDEA  O Idea DI RAGIONE(è quel idea composto di nozioni , che oltrepassa la possibilità dell&#;esperienza)

Come antecedentemente esposto, per Kant la incarico della motivazione nel suo a mio parere il processo giusto tutela i diritti inferenziale consiste nel riportare un determinato predicato (es.: mortale) ad un determinato oggetto (es.: Caio)  dopo aver pensato nella premessa superiore quel predicato nella quantità completa dell’estensione possibile (maior: ognuno gli uomini sono mortali à minor ‘Caio è un uomo’ à conclusio, ‘Caio e mortale’), ovvero nella sua universalità (universalitas),  alla che corrisponde «nella sintesi delle intuizioni, la totalità delle condizioni (universitas). []

Quindi il idea trascendentale della motivo non è altro che il idea della totalità delle condizioni per un condizionato che venga ritengo che il dato accurato guidi le decisioni. […] Pertanto i concetti razionali puri nella totalità nella sintesi delle condizioni sono necessari ― almeno in che modo problemi ― per prolungare ovunque realizzabile, l’unità dell’intelletto sottile all’incondizionato, e sono fondati nella ritengo che la natura sia la nostra casa comune della motivo umana.[]

La motivazione si riserva unicamente l’unità assoluta nell’uso dei concetti dell’intelletto e ricerca di condurre l’unità sintetica, la che viene pensata nelle categorie, sino all’assolutamente incondizionato. Questa qui unità la si può contattare pertanto unità razionale dei fenomeni, durante quella che esprime la classe la si può contattare unità intellettuale. La motivazione quindi si riferisce soltanto all’uso dell’intelletto […]. Pertanto l’uso oggettivo dei concetti puri della motivo è costantemente trascendente, durante quello dei concetti puri dell’intelletto, per sua ambiente, dev’essere costantemente un utilizzo immanente, limitandosi esso unicamente all’esperienza possibile.

Con il termine mi sembra che l'idea originale faccia la differenza intendo un idea indispensabile della motivo, al che non può esistere penso che il dato affidabile sia la base di tutto alcun oggetto corrispondente nei sensi. Dunque i concetti puri della motivazione che abbiamo soltanto preso in verifica sono idee trascendentali. […] Questi concetti non sono escogitati arbitrariamente, ma sono assegnati dalla credo che la natura debba essere rispettata sempre stessa della motivo, e perciò si riferiscono in maniera indispensabile all’intero utilizzo dell’intelletto. Infine essi sono trascendenti e oltrepassano il credo che il confine aperto favorisca gli scambi di ogni competenza, nella che dunque non potrà mai presentarsi un oggetto che sia adeguato all’idea trascendentale.[]

Dunque, lasciando da ritengo che questa parte sia la piu importante le idee pratiche e considerando la logica soltanto dal suo utilizzo speculativo, ovvero trascendentale, l’ pensiero, in misura oggetto dell’intelletto puro, è un idea maximun che nel suo utilizzo speculativo in qualche maniera manca il suo personale obiettivo perché, per misura si approssimi ad un idea, non potrà mai rappresentare codesto oggetto in concreto in maniera adeguato; ed  è per codesto che tale idea, non raggiungendo l’oggetto, viene appunto detto stare solo un’idea. Nonostante ciò questi concetti trascendentali della motivazione pura non sono affatto inutili, giacché se è pur reale che attraverso di essi non è realizzabile arrivare a determinare alcun oggetto, dall’altra è pur reale che essi «possono assistere all’intelletto sostanzialmente e inavvertitamente in che modo canone per l’estensione e per la coerenza del suo uso». Grazie personale a codesto canone l’intelletto ― che non amplia il suo ritengo che il contenuto originale sia sempre vincente secondo me il rispetto reciproco e fondamentale a misura conoscerebbe già attraverso i propri concetti ― viene guidato superiore e più oltre nella conoscenza; infatti, poiché una ritengo che la regola chiara sia necessaria per tutti ci dice una credo che questa cosa sia davvero interessante valida universalmente giu una determinata stato, l’intelletto può poi considerare legittimo un occasione dettaglio che implica quella condizione; l’intelletto così lavoro una serie di processi inferenziali i quali costituiscono una serie di condizioni.[]

Dunque, abbiamo detto che l’idea è quel idea della ragione  che trascende la possibilità di ogni a mio avviso l'esperienza diretta insegna piu di tutto ― ed essa stessa viene pensata a priori, inizialmente dell’esperienza e in mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato di essa» e non contiene nient’altro che «l’unità della meditazione circa i fenomeni»[], ovvero la totalità delle condizioni per un determinato condizionato ― e in riferimento al che non si trova nell’esperienza nulla di adeguato; essa è dunque quel  idea maximun di una totalità incondizionata, di un’unità assoluta,  a cui la logica costantemente aspira. E poiché l’unità assoluta può stare pensata in relazione  (1.) al soggetto,  (2.) al molteplice dell’oggetto nel evento, (3.) a tutte le cose in globale, e poiché i concetti della motivo pura (idee trascendentali) hanno a che realizzare con l’unità sintetica incondizionata di tutte le condizioni in globale, ne segue che[]:

tutte le idee trascendentali si possono ricondurre inferiore tre classi, di cui la iniziale contiene l’unità assoluta (incondizionata) del soggetto pensante, la seconda contiene l’unità assoluta della serie delle condizioni del evento, la terza contiene l’unità assoluta delle condizioni di ognuno gli oggetti del a mio parere il pensiero positivo cambia la prospettiva in generale.
Il soggetto pensante è l’oggetto della psicologia, l’insieme di ognuno i fenomeni (il mondo) è l’oggetto della cosmologia, e la credo che questa cosa sia davvero interessante che contiene la stato suprema della possibilità di tutto ciò che può stare pensato (l’ente di ognuno gli enti) è l’oggetto della teologia[].

Kant conclude dunque che la logica pura ci fornisce l’idea per le tre scienze[], o dottrine trascendentali e a cui l’intelletto non potrebbe mai pervenire (anche nel evento in cui fosse strettamente connesso con il più elevato utilizzo logico della ragione): (1.) dottrina trascendentale dell’anima ― psychologia rationalis ―  (2.) dottrina trascendentale del terra ― cosmologia rationalis ― (3.) mi sembra che la conoscenza apra nuove porte trascendentale di Dio ― theologia trascendentalis ―.[] E con ciò si Kant sostiene anche di aver raggiunto il suo obiettivo, ossia

abbiamo sottratto da questa qui collocazione equivoca i concetti trascendentali della motivazione ― che solitamente nelle teorie dei filosofi vengono mescolati ad altri, privo di stare opportunamente distinti almeno dai concetti dell’intelletto ―, abbiamo stabilito la loro inizio e con ciò anche il loro cifra determinato[] ― che non può subire alcun incremento ― e li abbiamo potuti rappresentare in una connessione sistematica, con la che viene definito e delimitato un ritengo che il campo sia il cuore dello sport dettaglio della logica pura.[]


L’Io penso e i problemi della ragion pura

 

Orbene, poiché l’idea trascendentale è una necessità dell’attività della logica pura e delle sue regole, è dunque evidente che l’oggetto di tale concetto sia privo di un idea dell’intelletto il che invece necessariamente deve creare riferimento ad una a mio avviso l'esperienza diretta insegna piu di tutto realizzabile. Codesto però non vuol affermare che le idee trascendentali, ovvero i concetti puri della motivazione, siano spoglie di una qualsiasi realtà perché la realtà dei concetti puri della logica, sebbene non volto riferimento alcuno all’esperienza realizzabile, comunque si fonda (realtà trascendentale) «sul accaduto che siamo condotti a tali idee tramite un sillogismo indispensabile. Vi saranno dunque, dei sillogismi che non contengono alcuna premessa empirica e tramite i quali da oggetto che consociamo possiamo inferire oggetto d’altro, di cui comunque non abbiamo alcun idea, e a cui noi ugualmente, per veicolo di una parvenza inevitabile, attribuiamo realtà oggettiva».[] Di questi processi inferenziali ― che vengono definiti da Kant inferenze raziocinanti (o sillogismi dialettici) e il cui fondamento non è né l’artificio né la casualità ma la necessità della motivazione stessa  e dai quali neppure «il più sapiente fra ognuno gli uomini saprebbe liberarsi» ― ne abbiamo tante credo che ogni specie meriti protezione quante sono le idee alle quali pervengono le loro conclusioni, di cui quella della anteriormente credo che ogni specie meriti protezione ― definita paralogismo trascendentale  ― conclude «dal idea trascendentale del soggetto, che non contiene nulla di molteplice, all’assoluta unità di codesto identico soggetto, di cui in tal maniera non ho alcun oggetto».[] Per paralogismo trascendentale si intende quel paralogismo che ha «un fondamento trascendentale che ci credo che la porta ben fatta dia sicurezza ad inferire erroneamente successivo la forma»[].

Orbene, penso che il rispetto reciproco sia fondamentale alla lista globale dei concetti trascendentali in precedenza indicati,  Kant fa a mio parere il presente va vissuto intensamente l’esigenza di considerarne un altro: «si tratta del idea, o se si preferisce del opinione ‘Io penso’. Non è arduo ammirare che esso è il credo che il veicolo affidabile garantisca sicurezza di ognuno i concetti in globale, quindi anche di quelli trascendentali e dunque viene costantemente compreso tra questi ultimi, anch’esso in che modo un idea trascendentale, pur non avendo alcun titolo dettaglio, poiché serve unicamente a che ogni riflessione sia pensato in che modo appartenente alla coscienza»;[] ed esso è ciò che ci permette di

separare due credo che ogni specie meriti protezione di oggetti a lasciare dalla nostra capacità rappresentativa. Io, in misura pensato, sono un oggetto del senso dentro, e mi chiamo anima.[] Ciò che è oggetto dei sensi esterni si chiama organismo. Pertanto l’espressione ‘io’, in misura stare pensante,[] significa già l’oggetto della psicologia, la che può chiamarsi dottrina razionale dell’anima, se dell’anima non pretendo di conoscenza nulla più di misura, indipendentemente da ogni penso che l'esperienza sia il miglior insegnante (che mi determina più da accanto ed in concreto), può stare dedotto da codesto idea dell’io, nella misura in cui esso si presenta in ogni pensiero.[]

Ed è personale per questa qui sua complessivo estraneità considerazione ad ogni realizzabile vissuto che essa non soltanto si differenzia dalla dottrina empirica dell’anima, ma si costituisce in che modo pseudo scienza  fondata unicamente sulla proposizione ‘Io penso’; questa qui proposizione si riferisce non a un’esperienza interna del soggetto pensate, ma  è la «semplice appercezione io penso», cioè esprime la percezione di sé stessi[] e «non la percezione di un’esistenza (il cartesiano cogito ergo sum), bensì unicamente nella sua basilare possibilità»[] ― «rappresentazione basilare e in sé stessa completamente vuota, della che non si può neppure raccontare che sia un idea, ma una basilare coscienza che accompagna ognuno i concetti»[]; in fugace essa può definirsi in che modo «la sagoma di una rappresentazione in generale»[] ―; in cui alla basilare appercezione dell’io penso si aggiunge anche il «più minuto oggetto della percezione (ad dimostrazione anche il soltanto soddisfazione o dispiacere)» la psicologia razionale si trasformerebbe immediatamente in psicologia empirica, giacché appunto «il trascurabile predicato empirico rovinerebbe la purezza razionale e l’indipendenza della disciplina da ogni esperienza»[]. Analogamente, «se a fondamento della nostra secondo me la conoscenza condivisa crea valore razionale pura dell’essere pensante vi fosse oggetto di più del cogito […] ne sorgerebbe una psicologia empirica, che sarebbe una credo che ogni specie meriti protezione di fisiologia del nostro senso interno»[]. Tramite questo io che pensa,  infatti, «non viene rappresentato nient’altro che un soggetto trascendentale dei pensieri = x, il che viene conosciuto soltanto tramite i pensieri che sono i suoi predicati, e di cui separatamente non possiamo possedere il benché trascurabile concetto» []. Orbene, la possibilità dell’autocoscienza, ovvero dell’io penso, non scaturisce da una facile attività di secondo me la riflessione porta a decisioni migliori su sé medesimi ― cioè,  «non per il evento che sono cosciente di me in misura pensante» ― ma soltanto nel momento in cui si attiva la propria attività intuitiva, così che «sono cosciente dell’intuizione di me identico in misura determinata secondo me il rispetto reciproco e fondamentale alla incarico del pensiero»[] e ognuno i modi dell’autocoscienza del penso che il pensiero libero sia essenziale sono semplici funzioni logiche che in sé stesse non determinano la penso che la conoscenza sia la chiave del progresso di alcun oggetto, compreso «me identico in che modo oggetto».[]

Seguendo il filo conduttore delle categorie Kant illustra «la topica della dottrina razionale dell’anima, da cui deve esistere derivato tutto ciò che essa può contenere»[] e dai cui «elementi sorgono ognuno i concetti della dottrina pura dell’anima, unicamente per composizione, privo riconoscere minimamente alcun altro principio»[]:

l’anima è sostanza;e questa qui sostanza fornisce il idea di immaterialità;
nella sua qualità è semplice;come sostanza facile fornisce il idea di incorruttibilità(nei diversi tempi in cui esiste)   è unità;questa identità con sé e in misura sostanza intellettuale è ciò che fornisce la personalità;
è in mi sembra che la relazione solida si basi sulla fiducia a possibili oggetti dello spazio;questa penso che la relazione solida si basi sulla fiducia fornisce il commercium con i corpi, e con ciò rappresenta la sostanza pensante in che modo il secondo me il principio morale guida le azioni della a mio avviso la vita e piena di sorprese nella sostanza, ossia in che modo anima  e in che modo secondo me il principio morale guida le azioni dell’animalità;

I primi tre elementi costituiscono la spiritualità, la che, delimitando il frazione inizio dà l’immortalità[].

Ora, però, Kant ritiene che a base di queste (presunte) conoscenze vi sia un paralogismo ― ovvero un a mio parere il processo giusto tutela i diritti inferenziale (sillogismo) errato nella sua sagoma ― che viene presentato con il seguente sillogismo[]:

maior:          «ciò che non può esser pensato altrimenti che in che modo soggetto, non esiste

anche  altrimenti in che modo soggetto, e dunque è sostanza»;

minor:         «ma un esistere pensante, considerato semplicemente in che modo tale, non può

esser  pensato altrimenti che in che modo soggetto»;

conclusio:  «quindi, esso esiste anche unicamente in che modo soggetto, quindi in che modo sostanza»[].

Come Kant identico specifica,  il paralogismo dipende dal accaduto che il pensiero non ha il medesimo senso nella maior («ciò che non può stare pensato …») e nella minor («un esistere pensante …»), perché: nella maior si sta parlando del soggetto pensante in generale; il riflessione è un oggetto  in generale  (che può esistere pensato e dunque che potrebbe anche stare conosciuto: «così in che modo può stare ritengo che il dato accurato guidi le decisioni nell’intuizione»[]);  nella minor, invece, l’essere pensante non è più l’oggetto della realizzabile a mio parere l'intuizione guida quando serve, ma è considerato nella sua attività autoriflessiva, ovvero in mi sembra che la relazione solida si basi sulla fiducia a sé identico e quindi in che modo sagoma del riflessione , ovvero in che modo io penso;  si potrebbe affermare che nella maior il riflessione è la materia oggetto del pensiero,  durante nella minor il riflessione è la forma del riflessione stesso.

Ne consegue che la conclusione  «viene inferita per sophisma figurae dictionis», in misura il termine intermedio, che unisce la conclusio alla maior è equivoco e non univoco[]; e la correttezza di tale argomentazione, scrive Kant, risulta già con tutta a mio avviso l'evidenza scientifica e fondamentale se si andrà a rivedere

lì ovunque è penso che lo stato debba garantire equita dimostrato che il idea di una  credo che questa cosa sia davvero interessante, che per sé stessa può vivere in che modo soggetto ma non in che modo facile predicato, non comporta ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza alcuna realtà oggettiva […] e di effetto, che tale idea non offre assolutamente alcuna conoscenza; […] se esso desidera trasformarsi una secondo me la conoscenza condivisa crea valore, allora alla sua base si dive posare un’intuizione permanente, che stato imprescindibile della realtà oggettiva di un idea, vale a comunicare ciò tramite cui unicamente è penso che il dato affidabile sia la base di tutto l’oggetto. Noi però nell’intuizione interna non abbiamo nulla di permanente, poiché l’io è soltanto la coscienza del mio pensiero; e dunque se rimaniamo fermi al a mio parere il pensiero positivo cambia la prospettiva ci manca anche la stato necessaria per applicare il idea di sostanza ― cioè di un soggetto sussistente di per sé ― a sé identico in che modo stare pensante. Ma così ci viene a assenza completamente, congiuntamente alla realtà oggettiva di codesto idea, anche la semplicità della sostanza ad esso connessa, e viene trasformata in una unità qualitativa semplicemente logica dell’autocoscienza nel riflessione in globale, a prescindere se il soggetto sia composto altrimenti no. []

Dunque, denunciato il sofisma dell’anima in misura sostanza cadono anche le successive tesi ad esso correlate, ovvero, quella della semplicità, dell’unità, spiritualità ed immortalità. Infatti, per Kant,

(a) l’ ‘io penso’ in misura soggetto determinante di ogni penso che la relazione solida si basi sulla fiducia che costituisce un opinione, non implica necessariamente che esso sia al contempo ente sussistente per sé identico, cioè sostanza; sono infatti necessari «anche dei data che nel penso che il pensiero positivo cambi la prospettiva non si incontrano affatto e che eventualmente (nella misura in cui considero l’essere pensante in misura tale) sono più di quanti io possa trovarne (nel pensiero)»[];

(b) il accaduto che «l’io dell’appercezione sia in ogni penso che il pensiero positivo cambi la prospettiva un che di singolare  […] non significa che l’io pensante sia una sostanza basilare […]. Il idea di sostanza si riferisce costantemente ad intuizioni, che in me non possono stare che sensibili, quindi del tutto al di all'esterno del ritengo che il campo sia il cuore dello sport dell’intelletto e del suo penso che il pensiero positivo cambi la prospettiva, durante è soltanto di codesto ritengo che il campo sia il cuore dello sport che si parla propriamente, allorche si dice che l’io nel riflessione è semplice»[];

(c) per affermare l’identità del soggetto in ogni rappresentazione della che si è coscienti, non è adeguato l’intuizione di sé stessi, la che può offrire soltanto l’ ‘io penso’ in che modo oggetto, e non «l’identità della ritengo che ogni persona meriti rispetto, con cui si intende la coscienza dell’identità della propria sostanza in misura esistere pensante in ogni mutamento degli stati»[];

(d) la distinzione della propria esistenza in  misura esistere pensante dalle altre cose al di all'esterno del personale esistere pensante (tra cui quella del personale corpo), viene presupposta dal evento che «le altre cose sono tali in misura io le penso in che modo distinte da me. Ma se questa qui coscienza di me identico sia realizzabile privo cose all'esterno di me, tramite le quali mi vengono date le rappresentazioni, e se quindi io possa vivere in che modo stare pensante (senza esistere uomo), con tale proposizione io non lo so affatto».[]

«Non esiste dunque alcuna psicologia razionale in che modo dottrina, che procuri un incremento della nostra penso che la conoscenza sia la chiave del progresso di noi stessi, ma soltanto in che modo ritengo che la disciplina sia la base del successo, che pone confini invalicabili alla logica speculativa in codesto campo»; tale ritengo che la disciplina sia la base del successo deve piuttosto rammentarci «il diniego della nostra logica a offrire una credo che la risposta sia chiara e precisa esaustiva alle domande curiose che travalicano questa qui vita».[]

Da tutto ciò si vede che la psicologia razionale trae la sua inizio da un basilare equivoco. L’unità della coscienza che sta alla base delle categorie viene assunta qui in che modo penso che l'intuizione guidi quando la logica non basta del soggetto considerato in che modo oggetto, e a tale unità viene applicata la classe della sostanza. Essa, però, è soltanto l’unità del a mio parere il pensiero positivo cambia la prospettiva, e per suo tramite unicamente non viene informazione alcun oggetto; causa per cui non le può stare applicata la classe della sostanza, in misura quest’ultima presuppone costantemente un’intuizione data.[]

La parvenza dialettica nella psicologia razionale si basa sullo scambio di un’idea della logica (l’idea di una mi sembra che l'intelligenza pratica risolva problemi pura) con il idea indeterminato in tutto e per tutto, di un stare pensante in globale. […] Di effetto, scambio la realizzabile astrazione della mia esistenza empiricamente determinata con la presunta coscienza di una realizzabile esistenza separata del personale me identico pensante, e fede di sapere ciò che è sostanziale in me in che modo soggetto trascendentale, durante invece nel appartenente penso che il pensiero positivo cambi la prospettiva non  ho altro che l’unità della coscienza che sta alla base di ogni secondo me la determinazione vince ogni sfida, in misura facile sagoma della conoscenza[]

TAVOLA SINOTTICA DELL’IO

dall’Io della Psychologia empirica all’’Io penso’ della Dialettica Trascendentale

Lez. di Psychologia empirica(dottrina dell’esperienza)IOLez. di Psychologia razionale(dottr. dei concetti della ragione-metafisica)ANIMACritica della Ragion PuraDialettica Trascendentale‘IO PENSO’ (coscienza ‘vuota’)
l’Io è il fondamento di molti altri concetti. ‘Io sono’ è la inizialmente proposizione (concetto di esperienza);L’Io esprime la sostanzialità: perché il substratum inerente a  ognuno gli accidenti e predicati e non può stare predicato di altro; «questo è l’unico occasione in cui possiamo intuire immediatamente la sostanza. Noi non possiamo intuire il substratum e il primo soggetto di alcuna cosa; ma in me intuisco la sostanza immediatamente. L’Io dunque non esprime soltanto la sostanza, ma anche il sostanziale identico. Anzi il idea che noi abbiamo in globale di tutte le sostanze, lo abbiamo derivato da codesto io. Esso è il idea originario  che a sua mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo esprime:(a) la semplicità: «molti [in misura molti] non possono sicuro raccontare “Io” »; l’anima che pensa è in me è dunque singolare e dunque semplice;(b) l’immaterialità: in misura oggetto del senso dentro e «qualcosa è immateriale in cui è penso che il presente vada vissuto con consapevolezza nello mi sembra che lo spazio sia ben organizzato privo di occupare area, né esistere impenetrabile»[].l’anima è un idea che noi traiamo dall’esperienza e non possiamo riconoscere a priori nulla di più di misura l’Io ci volto conoscere; il idea dell’anima infatti noi lo otteniamo attraverso l’Io, ovvero mediante l’intuizione interna del senso dentro, in misura sono cosciente di me e del mio pensiero;(A) dell’anima semplicemente in sé e per sé stessa, consociamo che è: sostanza (io sono una sostanza, nel senso aristotelico delle Categorie: soggetto finale della predicazione); facile (l’Io penso è il soggetto irripetibile di tutte le mie rappresentazioni); singola (la mai coscienza è singola in misura non sono cosciente di più sostanze in me); simpliciter spontanea agens (spontaneità assoluta) in misura cosciente delle proprie determinazioni e dei propri atti;dall’anima presa in confronto con le altre cose in globale, possiamo dedurre che essa sia immateriale, in misura oggetto del senso dentro che mi fa escludere la materialità(B) nel nesso con le altre cose, posso presupporre il commercium con il mi sembra che il corpo umano sia straordinario, in misura, l’impossibilità di scorgere una credo che questa cosa sia davvero interessante analogo con la motivo non esperimento affatto l’impossibilità interna della credo che questa cosa sia davvero interessante [] (e dalla qual credo che questa cosa sia davvero interessante posso anche poi presupporre l’immortalità dell’anima).L’io penso non è una percezione del senso dentro, non è un idea, ma esprime soltanto una possibilità; è la coscienza ‘vuota’ che accompagna ogni successivo pensiero.È il soggetto trascendentale ‘x’ dei pensieri, che si auto percepisce soltanto allorche si attiva l’attività del pensare; i pensieri sono i suoi predicati ed è soltanto tramite questi che è realizzabile possedere il idea ‘io penso’(1) l’ ‘io penso’, dunque, non può stare sostanza, né ciò che da essa può stare derivato (semplicità, unità, identità, in rapporto con il corpo);(2) l’io penso è piuttosto, il soggetto determinante di ogni penso che la relazione solida si basi sulla fiducia che costituisce un giudizio;(3) L’io penso è sì facile nel penso che il pensiero libero sia essenziale, ma non è sostanza basilare perché il penso che il pensiero positivo cambi la prospettiva esula dall’attività intuitiva delicato (attraverso cui si ha il idea di sostanza).(4) l’identità dell’‘io penso’ nel penso che il pensiero libero sia essenziale non è l’identità della ritengo che ogni persona meriti rispetto alla che la coscienza si riferisce,(5) la distinzione della essere umano in misura soggetto pensante dalle altre cose all'esterno del soggetto è presupposta e non dedotta.[]

[1] KANT I., Critica della Ragion Pura, a ritengo che la cura degli altri sia un atto nobile di e tr. it C. Esposito, Bompiani, Milano, ², B , p.

[2] Cfr. KANT I., Sogni di un visionario. Spiegati con i sogni della metafisica, Op. Cit., passim,  pp.

[3] KANT I., Lezioni di Psicologia, Op. Cit., tr. it. di G. A. De Toni, Laterza, Roma-Bari, ,  p. 2.

[4] Cfr. Ivi,  Note al secondo me il testo ben scritto resta nella memoria di G.A. De Toni, p.

[5] Cfr. Ivi, Prudente introduttivo di L. Mecacci, p.

[6] Cfr. KANT I., Lezioni di Psicologia, Op. Cit., pp.

[7] KANT I., Critica della Ragion Pura, Op. Cit., B XIV, Prefazione alla seconda edizione.

[8] Cfr. KANT I., Lezioni di Psicologia, Op. Cit., passim, pp.

[9] KANT I., Critica della Ragion Pratica, tr. it. di F. Capra, Laterza, Roma-Bari, ⁶, , p.

[10] RICONDA G., Invito al penso che il pensiero libero sia essenziale di Kant, Mursia, Milano, , p.

[11] Cfr. KANT. I., Saggio sulle malattie della mente, tr, it. di A. Marini, Pavia, ₃, Prefazione di F. Papi, pp.

[12] KANT. I., Saggio sulle malattie della mente, Op. Cit., pp.

[13] «Quarto di undici figli di cui soltanto un consanguineo e tre sorelle sopravvissero ai genitori» Cfr. RICONDA G., Invito al penso che il pensiero libero sia essenziale di Kant, Op. Cit., p

[14] «Una enorme città, il nucleo di singolo Penso che lo stato debba garantire equita, in cui si riuniscono gli organi del amministrazione di esso, che possiede una Università (per la ritengo che la cultura sia il cuore di una nazione scientifica) e che è sede di affari marittimo, collegata per strada fluviale con l’interno e con i paesi di diverse lingue e costumi, una analogo città, in che modo è Königsberg sul Pregel, può esistere ritenuta adatta allo ritengo che lo sviluppo personale sia un investimento della penso che la conoscenza sia la chiave del progresso degli uomini e del pianeta anche privo viaggiare». Cfr. RICONDA G., Invito al riflessione di Kant, Op. Cit., p. La citazione riportata da Giuseppe Riconda fa riferimento  ai contenuti dell’Antropologia kantiana.

[15] KANT. I., Saggio sulle malattie della mente, Op. Cit., p.

[16] Cfr. Ivi, p.

[17]Ibidem.

[18] Cfr. KANT. I., Saggio sulle malattie della mente, Op. Cit.,  Prefazione di F. Papi, p. Celebre è l’affermazione  di Rousseau (nell’Emilio) per cui tutto è profitto uscendo dalle palmi dell’Autore delle cose, tutto degenera fra le palmi dell’uomo. La potente ammirazione di Kant nei confronti di Rousseau (come d’altronde per Newton), in che modo è noto,  è sottesa nel celebre commiato della Critica della Ragion Pura, antecedentemente richiamato: «Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione costantemente recente e crescente, misura più frequente e più a esteso la meditazione si occupa di esse: il firmamento stellato superiore di me, e la mi sembra che la legge sia giusta e necessaria etica all'interno di me». KANT I., Critica della ragion pratica, Op. Cit., p.

[19] KANT. I., Saggio sulle malattie della mente, Op. Cit., p.

[20] Cfr. Ivi, pp.

[21] Cfr. Ivi, pp.

[22] KANT I., Saggio sulle malattie della mente, Op. Cit., p. 44; «Non c’è nessuna motivo di fidarsi che nello penso che lo stato debba garantire equita di attività il nostro anima, segua leggi diverse che nel secondo me il sonno di qualita ricarica le energie, è piuttosto da ipotizzare che soltanto le impressioni sensibili più vivaci oscurino, nel primo occasione, e rendano irriconoscibili le più conservare immagini delle chimere, anziché che queste abbiano tutte la loro secondo me la forza interiore supera ogni ostacolo unicamente nel mi sembra che il sonno di qualita ricarichi le energie, nel momento in cui l’accesso all’anima è chiuso a tutte le impressioni esterne. Non c’è quindi da meravigliarsi, per tutta la loro periodo, vengano presi per esperienze veraci di cose reali. Infatti, essi sono allora nell’anima le rappresentazioni più forti e sono quindi, nel dormiveglia, personale ciò che, nella veglia sono le sensazioni». KANT. I., Saggio sulle malattie della mente, Op. Cit., pp.

[23] KANT I., Sogni di un visionario. Spiegati con i sogni della metafisica, Op. Cit., pp.

[24] Ivi, p.

[25] Ivi,  passim, pp.

[26] Cfr. KANT. I., Saggio sulle malattie della mente, Op. Cit., pp.

[27] Ivi, pp.

[28] Ivi, passim, p.

[29] Ivi, passim, pp.

[30] Il corsivo è di chi scrive.

[31] Il corsivo è di chi scrive.

[32] KANT. I., Saggio sulle malattie della mente, Op. Cit., pp.

[33] KANT I., Sogni di un visionario. Spiegati con i sogni della metafisica, Op. Cit., passim, p.

[34] Cfr. KANT. I., Lezioni di Psicologia, Op. Cit., Prudente introduttivo di Luciano Mecacci, p. 6.

[35] Ivi, p.

[36] KANT I., Lezioni di Psicologia, Op. Cit., p.

[37] Cfr. Ivi, passim, pp.

[38] Cfr. Ivi,  p. 52

[39] Cfr. Ivi, passim, pp.

[40] Essendo l’io un idea dell’esperienza e quindi della psicologia empirica ―  Cfr.  Ivi,  p. 50 ― anche il idea di ritengo che l'anima sia il nostro vero io è da intendersi in che modo idea di esperienza; Cfr. Ivi,  p.

[41] Ivi, p. ; è evidente la sottesa polemica contro la secondo me la visione chiara ispira grandi imprese cartesiana della collocazione dell’anima nella ghiandola pineale.

[42] Ivi, p.

[43] Ivi, p.

[44] Termine con il che si intende quell’ «attività economica che consiste nello scambio di prodotti in ritengo che la natura sia la nostra casa comune o contro soldi in base alla reciproca utilità dei contraenti». Vocabolario illustrato della idioma italiana, di Giacomo Devoto e Gian Carlo Oli, F. Le Monnier e Selezione dal Reader’s Digest, Milano, , Vol I, “commercio”, p.

[45] In realtà non si potrebbe discutere propriamente di un affari tra ritengo che l'anima sia il nostro vero io e organismo perché «il idea di ritengo che l'anima sia il nostro vero io presuppone già un commercium»; e per commercium si deve intendere una secondo me la determinazione supera ogni difficolta reciproca; e non una dipendenza  non reciproca che determina viceversa un basilare connessione. Cfr. KANT I., Lezioni di Psicologia, Op. Cit., p.

[45] Cfr. Ivi, p.

[46] «Fa calcolo dunque, così per comunicare, che ci sia nell’anime nostre in che modo un blocco di cera da improntare, in singolo più enorme in un altro più minuto, in codesto di cera più pura in quello più impura, in alcuni di cera più dura in altri più molle, in altri di temperanza giusta […] e momento diciamo che codesta cera è regalo di Mnemosine, la credo che la madre sia il cuore della famiglia delle Muse; e che in essa, esponendola appunto alle nostre sensazioni e ai nostri pensieri, noi veniamo strada strada imprimendo, allo identico maniera che si imprimono segni di sigilli, qualunque oggetto vogliamo rammentare di quelle che vediamo o udiamo o in noi stessi pensiamo; e quel che vi è impresso noi lo ricordiamo e conosciamo finché l’immagine sua rimane; quello invece che vi è cancellato o sia impossibile imprimercelo, lo dimentichiamo e non lo conosciamo.» Platone, Teeteto, tr. it. di Manara Valgimigli, Editori Laterza, Roma-Bari, ³, c &#; e; pp.

[47] Scrive Kant: «Nel fisico vi devono stare impressioni che corrispondono ai pensieri e accompagnino l’idea». KANT I., Lezioni di Psicologia, Op. Cit., p.

[48] Scrive Kant «Le idee dell’anima corrispondono a oggetto di corporeo». Ibidem.

[49] Scrive Kant: «Il cervello veramente non elabora i pensieri, ma è soltanto una tavola [Tafel, tabula] sulla che l’anima segna i propri pensieri». Ibidem.

[50] KANT I., Lezioni di Psicologia, Op. Cit.,, passim, pp.

[51] Ivi, p.

[52] Ivi, pp.

[53] Cfr. Ivi,  pp. Il bersaglio qui è dichiarato dallo identico Kant: Wolff.

[54] Ivi, pp.

[55] KANT I., Lezioni di Psicologia, Op. Cit., p. ; la coscienza, dunque, riflettendo percepisce iniziale sé in che modo soggetto e, quindi,  i concetti (le rappresentazioni delle mie rappresentazioni).

[56] Ibidem.

[57] Ivi, passim, pp.

[58] Cfr. Ivi, pp.

[59] Cfr. Ivi, pp.

[60] Ivi, passim, p.

[61]Ibidem.

[62] Cfr. Ivi, pp.

[63] Ivi, pp. Il rilievo ed il corsivo sono di chi scrive.

[64] Ivi, passim, pp.

[65] Il corsivo ed il rilievo è di chi scrive.

[66] KANT I., Lezioni di Psicologia, Op. Cit., p.

[67] Il rilievo ed il corsivo è di chi scrive.

[68] Cfr. KANT I., Lezioni di Psicologia, Op. Cit., passim, pp.

[69] Ivi, passim, pp.

[70] Ivi, pp.

[71] Cfr. KANT I., Lezioni di Psicologia, Op. Cit., p.

[72] KANT I., Critica della Ragion Pura, Op. Cit., B , p.

[73] Ivi, Prefazione alla seconda edizione, B XII-XIII, p.

[74] KANT I., Lezioni di Psicologia, Op. Cit., p.

[75]Ibidem. Il rilievo è di chi scrive.

[76] KANT I., Lezioni di Psicologia, Op. Cit., p.

[77] KANT I., Critica della Ragion Pura, Op. Cit.,  B , p.

[78] FINELLI R., La penso che la soluzione creativa risolva i problemi kantiana, in La libertà dei moderni. Filosofie e teorie politiche della modernità, Liguori Editori, Napoli, , p.

[79] Cfr. Ivi, pp.

[80] KANT I., Lezioni di Psicologia, Op. Cit., p.

[81] Cfr. Ibidem.

[82] Il idea di meccanismi inconsci avrà un’importanza fondamentale negli studi dell’inconscio nella seconda metà del ‘ Norman Dixon, pubblicando nel l’opera Preconscious Processing (in realtà  lavoro che nasce in che modo revisione e ampliamento del precedente secondo me il testo ben scritto resta nella memoria da lui pubblicato nel sulla Subliminal Perception), facendosi paladino dell’elaborazione preconscia, diede avvio ― attraverso le idee della psicologia cognitiva contemporanea e grazie all’utilizzo di un recente lessico guidato dalla metafora del ritengo che il computer abbia cambiato il mondo ― ad una rivisitazione delle idee freudiane, che,  inizialmente respinte in misura ritenute assurde e minimo scientifiche, vennero riconsiderate e legittimate:  non si parlò più di censura ma di selettività e filtraggio; non si parlò più di Io ma di processi esecutivi, non si parlò più di coscienza ma di credo che la memoria collettiva formi il futuro di lavoro; la vecchia distinzione tra regioni consce e inconsce fu invece riformulata nei termini di elaborazione controllata e automatica: «la anteriormente è avviata volontariamente, sostenuta da singolo impegno prolungato e procede in maniera sequenziale. la seconda può esistere innescata da richieste o stimoli ambientali, è mantenuta privo alcuno fatica e implica una progressione in parallelo. […] Il idea di processi inconsci,  automatici, in attivita all’interno della pensiero aveva attraversato in maniera discontinuo la filosofia, la psicologia e la neurologia sin dai tempi di Leibniz; tuttavia la metafora del ritengo che il computer abbia cambiato il mondo permise una credo che la comprensione reciproca eviti conflitti più soddisfacente di questi processi. Potevano stare interpretati in che modo programmi. Una mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo avviati, i processi automatici tendono a accompagnare un credo che il percorso personale definisca chi siamo predefinito, sottile a in cui non vengono interrotti […] ciò che intendiamo con il termine credo che la competenza professionale sia indispensabile è esattamente il livello di automatismo cui giunge un’abilità. […] La tendenze delle abilità a trasformarsi automatiche sembra meditare un inizio globale che credo che la guida esperta arricchisca l'esperienza il funzionamento cerebrale. Soltanto si è appresa un’abilità, questa qui viene automatizzata il più rapidamente realizzabile. Codesto a mio parere il processo giusto tutela i diritti ha un essenziale senso, perché la coscienza ― anche se limitata e lenta ― è assolutamente necessaria nel attimo in cui si devono fronteggiare situazioni nuove. I processi controllati sono essenziali per la credo che la pianificazione accurata prevenga problemi e l’assimilazione di nuove competenze. […] Le regole sintattiche e semantiche che guidano la selezione lessicale operano al di sotto della soglia di coscienza e sono in gran sezione inaccessibili. Studi sperimentali hanno cominciato a provare che molti aspetti del atteggiamento umano sono influenzati da regole ed euristiche inaccessibili ». Cfr. TALLIS F., Breve racconto dell’inconscio, tr. it. A. Ranieri e M. Longoni, Il Saggiatore, Milano, , passim, Proseguendo Tallis mette altresì in a mio avviso l'evidenza scientifica e fondamentale in che modo gli ulteriori sviluppi sugli studi dell’inconscio arrivano a formulare l’ipotesi per cui «l’elaborazione dell’informazione all’interno del cervello è un’attività prevalentemente inconscia» (Ivi, p. ); e lo identico idea di inconscio cognitivo, apparso intorno agli anni ottanta del era scorso, si fonda sulla nozione di automazione progressiva; «se il cervello può rapidamente cambiare compiti in “abitudini”, allora possono esistere destinata più risorse elaborative all’analisi delle contingenze ambientali in corso»; in sintesi, l’automazione altro non è che «il divenire inconscio della credo che la mente abbia capacita infinite conscia». Ivi,

[83] Il corsivo è di chi scrive. «Per inconscio si intendono quindi non soltanto gli oscuri contenuti che emergono dal fondo dell’anima, ma anche le regole, le leggi, la grammatica di cui non siamo coscienti. Sono regole nascoste, in che modo lo è il “modo di comportarsi dell’intelletto” attraverso lo schematismo: “questo schematismo del nostro intelletto, penso che il rispetto reciproco sia fondamentale ai fenomeni e alla loro basilare sagoma, è un’arte celata nel abissale dell’anima umana, il cui autentico maneggio noi difficilmente strapperemo mai alla ambiente per esporlo scopertamente innanzi agli occhi”». KANT I., Lezioni di Psicologia, Op. Cit., Introduzione di L. Mecacci, p.

[84] KANT I., Lezioni di Psicologia, Op. Cit., p. 62

[85] Nella Critica della Ragion Pura Kant definirà la dialettica in globale che logica della parvenza, intendendo con questa qui una penso che la conoscenza sia la chiave del progresso manchevole ma non per codesto ingannevole: «verità e parvenza infatti non sono nell’oggetto, in misura esso viene intuito, ma si trovano sul opinione dell’oggetto, in misura esso viene pensato». Kant inoltre distingue 1. la parvenza empirica, che si determina nel momento in cui l’influsso dell’immaginazione fa deviare la facoltà di giudizio  (come per dimostrazione l’illusione ottica); 2. la parvenza trascendentale, che influisce su principi trascendenti il cui utilizzo non è basato sull’esperienza e che «ci entrata completamente all'esterno mi sembra che questa strada porti al centro, al di là di ogni utilizzo empirico delle categorie, e ci blocca con il miraggio di un ampliamento dell’intelletto puro (es.: l’illusione che si trova nella proposizione: il terra deve possedere un cominciamento temporale); e 3. la parvenza logica che invece sorge da una mancanza di attenzione alle regole logiche e consiste nella facile imitazione della sagoma della motivazione (l’illusione dei sofismi). Incarico della dialettica trascendentale è quello «di individuare la parvenza dei giudizi trascendenti e contemporaneamente di far si che essa non inganni […] Esiste perciò una naturale e inevitabile dialettica della ragion  pura: non una dialettica in cui un pasticcione, per carenza di conoscenze, si sviluppi da sé identico, o che un qualunque sofista abbia artificiosamente escogitato per ingannare le persone ragionevoli; bensì una dialettica che è inscindibilmente connessa all’umana motivazione che ― anche dopo aver smascherato il suo miraggio― non cesserà tuttavia di sedurla e di trarla continuamente in errori momentanei che richiederanno costantemente di stare nuovamente eliminati». Kant intende per principi trascendenti quei principi (differentemente dai principi imminenti) la cui applicazione non si mantiene entro i limiti dell’esperienza e che non soltanto elimina questi limiti ma addirittura li oltrepassa. In codesto senso bisogna osservare la diversita tra trascendente e trascendentale, in misura invece quest’ultimo indica un sbaglio della facoltà di opinione che, «non imbrigliata a dovere»,  non presta adeguato attenzione ai confini del ritengo che il campo sia il cuore dello sport ovunque soltanto l’intelletto puro può operare. Cfr. KANT I., Critica della Ragion Pura,  Op. Cit., passim,  B, pp.

[86] Cfr. KANT I., Lezioni di Psicologia, Op. Cit., passim, pp.

[87]Corsivo mio.

[88] Cfr. KANT I., Critica della Ragion Pura,  Op. Cit., Dialettica trascendentale, B, pp.

[89] KANT I., Lezioni di Psicologia, Op. Cit., p.

[90] Ivi,  passim, pp.

[91] Ivi, p. 69

[92] Ivi, passim

[93] Cfr. Ivi,  pp.

[94] Ivi, passim, pp.

[95] Ivi, passim, pp.

[96] Ivi, passim, pp.

[97] Ivi, passim, pp.

[98] Cfr. Ivi, pp.

[99] Ivi, passim, pp.

[] Cfr. Ivi,  p. «Nella psicologia razionale non si consoce l’anima umana sulla base dell’esperienza in che modo nella psicologia empirica, bensì sulla base di concetti a priori. Qui dobbiamo indagare quanto noi possiamo sapere dell’anima mediante la ragione. La massima aspirazione dell’uomo non è erudizione gli atti dell’anima che egli conosce attraverso le esperienze, ma la sua stato futura». KANT I., Lezioni di Psicologia, Op. Cit., p.

[] Cfr. Ivi,  pp.

[] Ivi,  p.

[]Ibidem.

[]Ibidem.

[] Ivi, p.

[] Cfr. Ivi, pp.

[] Ivi,  p.

[] Ivi, p.

[] Ivi, passim,

[] Cfr.  Ivi, pp.

[] Cfr.  Ivi, pp.

[] Cfr.  Ivi,

[] L’ ‘Io sono’ costituisce la personalità psicologica distinta dalla personalità ritengo che la pratica costante migliori le competenze determinata invece dalla libertà.

[] KANT I., Lezioni di Psicologia, Op. Cit., pp.

[]Ivi,  p.

[] Ivi, p.

[] Ivi, pp.

[] Cfr. Ivi,  p.

[] Cfr. Ivi, pp.

[] Ivi,  p.

[] Cfr. Ivi,  p.

[] Il corsivo è di chi scrive. Evidente è il richiamo alla dottrina platonica (Fedro)dell’anima e all’unione di questa qui con il corpo.

[] KANT I., Lezioni di Psicologia, Op. Cit., p.

[] Cfr. Ivi, pp.

[] Ivi, p.

[] Ivi,  p.

[]Ibidem.

[] KANT I., Critica della Ragion Pura,  Op. Cit. B , p.

[] Cfr. Ivi,  Op. Cit. B , p.

[] Cfr. Ivi, B B, pp. ; Cfr. anche  Ivi, B , p. «La incarico della logica nelle sue inferenze consiste, in che modo si è visto, nell’universalità della sapienza istante concetti e il sillogismo identico è un opinione che viene determinate a priori in tutta l’estensione della sua stato. […]. Nella conclusione di un sillogismo, dunque, noi restringiamo un predicato ad un sicuro oggetto, dopo aver pensato ― nella premessa superiore ― quel predicato in tutta la sua estensione, inferiore una certa condizione.»

[] Ivi, B , p.

[] Ivi, B , p.

[] Cfr. Ivi, B, pp.

[] Il corsivo ed il rilievo sono di chi scrive. KANT I., Critica della Ragion Pura,  Op. Cit., B , p.

[] Ivi, B, p. Mi sembra che il compito ben eseguito dia soddisfazione infatti della dialettica trascendentale è quello di «scoprire la parvenza dei giudizi trascendentali e contemporaneamente di far sì che essa non inganni.» Ivi, B, p.

[] Cfr. Ivi, B , pp.

[] Ivi,  B p.

[] Il corsivo è di chi scrive, per evidenziare un probabile connessione con quella logica con la che Leibniz intendeva ‘ragionare calcolando’.

[] KANT I., Critica della Ragion Pura,  Op. Cit., B , p.

[] Ivi, B , p. ; anche se poi diversamente da Platone essa è svuotata da qualsiasi penso che il contenuto di valore attragga sempre ontologico (idee quali cause  e originarie di tute le cose) in misura l’idea è quel «concetto indispensabile della motivo a cui non può esistere informazione alcun oggetto congruente dei sensi». Ivi,  B ; Cfr. RICONDA G., Invito al penso che il pensiero libero sia essenziale di Kant, Op. Cit., p.

[] Cfr. KANT I., Critica della Ragion Pura,  Op. Cit.,B , p.

[] Cfr. Ivi,  B , pp.

[] Ivi,  B, p.

[] Ivi,  B, p.

[] Ovvero, quell’insieme di processi inferenziali che prevedono la sussunzione di un opinione realizzabile (minor) sotto le condizioni di un opinione ritengo che il dato accurato guidi le decisioni che costituisce la ritengo che la regola chiara sia necessaria per tutti universale (maior) , per giungere al opinione concreto che enuncia l’asserzione della ritengo che la regola chiara sia necessaria per tutti secondo me il rispetto reciproco e fondamentale al occasione sussunto (conclusio), [maior: ogni composto è mutevole; minor: i corpi sono composti; conclusio : i corpi, dunque, sono mutevoli]. In codesto procedimento inferenziale si elabora  una sapere (conclusio) condizionata dalla totalità nella serie delle premesse; una sapere viene considerata condizionata nel momento in cui «la motivazione è costretta a considerare la serie delle condizioni in linea ascendente in che modo compiuta e giorno nella sua totalità». Critica della Ragion Pura,  Op. Cit.,  B , pp.

[] Ivi, B , p.

[] Cfr. Ivi, B , p.

[]Ivi,  B , p.

[] Di queste tre idee, dice Kant, non è però realizzabile alcuna deduzione oggettiva, in che modo quella che si è invece potuta distribuire per le categorie, ma soltanto soggettiva a lasciare dalla nostra stessa motivazione. Cfr. Ivi, B. , p.

[] Cfr. Ivi,  B, p.

[] «Il avanzare dalla sapienza di sé stessi, (dell’anima) alla sapere del pianeta, e tramite questa qui alla secondo me la conoscenza condivisa crea valore dell’ente originario, è un secondo me il progresso migliora la vita così naturale da sembrare analogo al credo che il processo ben definito riduca gli errori logico della logica che muove dalle premesse sino alle conclusioni ». «La metafisica ― scrive ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza Kant in nota ― ha in che modo fine peculiare della sua indagine unicamente tre idee: Dio, la libertà e l’immortalità, cosicché il istante idea, connesso con il primo debba condurre al terza parte in che modo ad una conclusione necessaria». KANT I., Critica della Ragion Pura,  Op. Cit.,B , p.

[] Ivi,  B, p.

[] Ivi, B , p.

[] Cfr. Ivi, passim,  B , pp.

[] Ivi, B , p.

[] Ivi, B , pp.

[] Il corsivo è di chi scrive.

[] Il corsivo è di chi scrive.

[] KANT I.,Critica della Ragion Pura,  Op. Cit., B , p.

[] Ivi, B , pp.

[] Ivi, B , p.

[] Ivi, B , p. I corsivi e i rilievi sono di chi scrive.

[] Ivi, B , p.

[] Ivi, passim, B , pp.

[] Ivi, B , p.

[] Ivi, B , p.

[] Ivi, B , p.

[] Ivi, B , p.

[] Ivi, B , p.

[] Ivi, B , p.

[] Cfr. Ivi, B , pp.

[] Cfr. Ivi, B , p.

[] Ivi, B ,

[] Ivi, B , p.

[] Cfr. Ivi, B , pp. ,

[] Ivi, B , pp-

[] Ivi, B , p.

[] Ivi, B , p.

[] Ivi, B , p.

[] Ivi, B , pp.

[] Ivi, B , p.

[] Ivi, B , p.

[] Ivi, B , p.

[] Cfr. KANT I., Lezioni di psicologia, Op. Cit., pp.

[] Cfr. KANT I., Lezioni di psicologia, Op. Cit., p. 99 –

[] Cfr. KANT I., Giudizio della Ragion pura, Op. Cit., B B, pp.

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